11 Settembre 2001
La goccia che ha fatto traboccare il vaso
Paolo di Tarso era un membro dell’establishment. Ebreo colto, in possesso anche di cittadinanza romana, aveva studiato a Gerusalemme ed era diventato uomo di fiducia del sinedrio. Credeva nella versione “ufficiale” presso i farisei e gli scribi, e cioè che i cristiani, seguaci di quel Gesù che era stato condannato al supplizio della croce fossero degli eversivi che andavano perseguitati ed eliminati fisicamente, tanto era il pericolo che costituivano per l’ordine costituito. In un certo senso si può dire che non voleva vedere la realtà sotto gli occhi di tutti: e cioè che Gesù, con i miracoli, il suo operato, le sue parole e il suo esempio non poteva che essere il Figlio di Dio, il Messia atteso dagli ebrei, l’uomo dei dolori di Isaia, il figlio della Vergine, nato nella “casa del Pane “ (Betlemme), come era stato profetizzato decine e decine di volte nella Sacra Scrittura.
E così, come per una sottile ironia di Dio (o, meglio, secondo una perfetta legge di natura che il Creatore ha posto in tutte le cose), quello che gli capita durante il suo viaggio verso Damasco sta ad indicare proprio il suo limite: viene reso cieco, per sottolineare l’inutilità della vista in chi non vuole vedere; come se Dio gli avesse voluto far capire che, se non voleva vedere la realtà sotto i suoi occhi, tanto valeva che la vista gli fosse tolta completamente. Disgrazia o grazia? Cosa avrà detto Paolo di Tarso, col senno di poi, riguardo a questo suo “incidente”? Lo reputerà una disgrazia o una vera e propria grazia dell’amore di Dio?
(continua…)
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