Quinto: liberarsi dalla paura del diverso e del terrorismo
Avete chiaro ormai che:
- la paura è un sistema ampiamente usato per tenere sotto controllo la gente (vedi the Truman show);
- è opportuno, affinchè questa paura sia efficace, avere la possibilità di canalizzarla secondo programmi e metodi ben precisi (e per questo è indispensabile avere il controllo dei mezzi di comunicazione);
- essendo noi tutti diversi (e questo dà fastidio: se si potessero avere tutti “sudditi” uguali basterebbe applicare a tutti lo stesso pattern o schema di controllo, invece no) è necessario agire su diversi fronti: per molti basta la paura della malattia, del cancro, dell’AIDS, della pandemia; per altri serve anche la paura della povertà, della mancanza di un posto in questa società, della impossibilità di arrivare a fine mese; ma se non bastasse neanche questo …
- possiamo sempre puntare sulla paura della guerra, dell’attentato terroristico, e del diverso.
In fin dei conti non è uno sforzo poi così grande: la paura del diverso è abbastanza atavica, per cui si tratta solamente di amplificare un istinto naturale. Non fraintendetemi, non voglio dire che siamo naturalmente razzisti: dico solo che è un istinto naturale trovarsi coi propri simili, e anche a distanza di decenni si trovano le comunità raggruppate per etnia: portoricani con portoricani, cinesi con cinesi, algerini con algerini, ecc.
Questo non vuol dire però che ci sia l’odio o l’astio: per creare questo serve un piccolo –diciamo così – aiutino. Per chi ha letto Ingannati spero non esistano dubbi sul fatto che l’11 settembre sia stato un auto attentato, così come non dovrebbero esistere dubbi su altri “false flag” come l’incidente del Tonchino (scusa per la guerra del Vietnam, ammessa la sua falsità da parte dello stesso ministro della difesa di allora, McNamara, a distanza di 40 anni) o per altri attentati-scusa.
Da questo punto di vista non credo sia necessario molto di più: basta prendere coscienza di una realtà che –ovviamente- TV e giornali si guarderanno bene dal farvi notare. Ma se vi ostinate a tenere la TV in casa (e se state leggendo qui vuol dire che avete imbrogliato) continuerete a temere l’invasione degli arabi, che prima o poi ci costringeranno a diventare tutti musulmani, e ci imporranno la Sharìa; e penserete che sia un bene aver invaso l’Iraq, perché Saddam era un dittatore sanguinario (messo a quel posto proprio dagli americani, fra l’altro, al posto del predecessore che non concedeva lo sfruttamento delle riserve petrolifere a costi irrisori da parte delle compagnie anglo-americane); e quando vi diranno di altri attentati come quelli di Londra del 2005, nessuno vi farà notare che una compagnia inglese stava eseguendo una simulazione di attacchi terroristici nella stessa zona, con gli stessi mezzi, lo stesso giorno in cui poi avvennero quelli spacciati per veri; e il rappresentate di tale compagnia di sicurezza che sorride quando l’intervistatore TV gli chiede sbalordito: “ma come, stavate facendo una simulazione basata su questo e questo, e poi si è tramutata in realtà?” (tutto documentato in rete).
Crederete alla storiella dell’arabo cattivo, che odia l’occidente perché “siamo liberi”; crederete alla storiella che l’Imam è stato rapito e torturato, allontanato dalla sua famiglia per due anni perché stava architettando qualcosa, e direte “sì ma così siamo più sicuri”; crederete alla storiella delle armi di distruzione di massa, quando in realtà l’unico stato del medio oriente con tali armi è Israele, che sta compiendo un vero e proprio genocidio verso suoi conterranei palestinesi, unico stato al mondo a dichiarare per legge la superiorità razziale di una etnia rispetto ad un’altra, e guai a dire che sono razzisti, passeresti per antisemita.
Quando invece si sente di ragazzi prelevati dalla polizia per un nonnulla, o per due grammi di Marijuana (che non ha mai ucciso nessuno, molto meno pericolosa per la salute di alcol e sigarette), e poi morti a seguito di pestaggi; quando sentite (ma ve lo diranno mai?) che in Italia muoiono ogni anno oltre 100 persone in carcere per i pestaggi subiti (o ufficialmente suicidi), o dei provocatori messi ad hoc nelle manifestazioni per dare la scusa alla polizia di caricare donne, vecchi, bambini, genitori con i figli sulle spalle, allora fatevi una domanda: di chi è che bisogna avere paura? Del diverso, dello straniero, o di chi dovrebbe ufficialmente proteggerci perché è il suo mestiere? E passi per il poliziotto deviato, che magari avrà anche lui i suoi problemi di alcol e droga, e, forte della sua divisa, può commettere un omicidio: ma la macchina della giustizia? Quella che procede con calma, ponderatezza, sentendo i pareri diversi e i vari periti e alla fine assolve i criminali?
Non è del diverso che bisogna avere paura. Non sono gli arabi la minaccia al nostro modello di vita. Prima ce ne rendiamo conto e prima capiremo dove sta il nemico vero.
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