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Fin qua, le ipotesi alla base della medicina moderna. Ora, …. è chiaro che è fondamentale:
- sapere se questi patogeni, in particolare virus, sono presenti in un soggetto, malato o asintomatico;
- sapere in quale quantità sono presenti, perchè non basta una quantità piccola a piacere: bisogna che ce ne sia una quantità sufficiente.
Una invenzione rivoluzionaria fu la Polymerase Chain Reaction, o PCR. In italiano, reazione a catena tramite polimerasi. Ne ho già accennato qui, e qui, ma provo a ripetermi in maniera estremamente semplice.
Avete presente la doppia catena ad elica del DNA: due lunghe serie di basi azotate o nuclueotidi, accoppiate ed attorcigliate, dove i nucleotidi sono pochi elementi definiti e si “accoppiano” formando i pioli della scala secondo regole precise. Lo studio del DNA ne richiedeva disponibilità in grandi quantità e l’idea di Kary Mullis fu risolutiva e rivoluzionaria allo stesso tempo:
- grazie ad una serie di cicli in temperatura, fra i 95 e i 70 gradi si poteva spezzare in due la catena e far ricombinare i due pezzi con nuovi nucleotidi (ottenendo di fatto il raddopio del materiale originale);
- con una opportuna marcatura tramite sequenze brevi (18-24) di nucleotidi dette primers si poteva far avvenire il processo solo per un dato particolare campione di DNA.
Se la prima parte è abbastanza intuitiva (si pensi ad una fotocopiatrice: da un foglio ne fa 2; da 2, 4, ecc.), per la seconda serve un minimo di spiegazione in più.
Quello che si preleva, ad esempo da un tampone faringeo, è un insieme di composti e materiale organico che contiene moltissimo DNA, da quello delle cellule della faringe stessa, a quello del muco, esosomi, particelle organiche, ecc.; se il mio scopo è rintracciare un dato virus, come faccio a fare l’operazione di amplificazione (PCR, la fotocopiatrice) proprio per quel virus, e non per tutto il resto?
L’idea geniale di Kary Mullis fu proprio l’adozione di primers, cioè di marcatori che contenessero una piccola sequenza del materiale oggetto di studio, che rilevassero proprio l’unica catena di DNA corrispondente fra i miliardi di catene disponibili nel campione in esame.
Quindi Mullis aveva risolto 2 problemi: l’amplificazione di materiale genetico, e l’identificazione, fra tanti elementi diversi, di proprio quello che si vuole moltiplicare, grazie appunto alla “marcatura” dei primer; vera idea geniale per identificare l’ago nel pagliaio del materiale genetico.
Mi spiego con una metafora.
Immaginate di cercare un libro in una biblioteca, ad esempio la Divina Commedia: avete una frase esatta, che ricordate benissimo, un paragrafo che è rimasto impressionato nella vostra mente, ad esempo il famoso “Nel mezzo del camin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura…“, andando a confrontare quel testo che avete scritto con tutte la pagine di tutti i libri presenti in quella biblioteca, potrete scoprire se la Divina Commedia è presente o meno fra quegli scaffali, solo da quella frase, da quel pezzettino piccolo.
Un modo per compiere questa operazione potrebbe essere quello di scrivere la frase su un lucido trasparente, e andare a sovrapporre tale lucido trasparente su ciascuna pagina di ciascun libro presente nella biblioteca: se trovate ad un certo punto una corrispondenza perfetta, avete fatto bingo: avete trovato il ibro che contiene quella frase. Questo è più o meno quello che fanno i primers nella PCR di Kary Mullis.
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L’idea, qualora si disponga del libro che si vuole cercare è geniale: non esistono infatti due libri che contengono lo stesso paragrafo identico; così come non esistono (in teoria, o forse esistono con una probabilità molto bassa) due DNA, uno appartenente ad un virus ed un altro no, che possano essere “pescati” con lo stesso primer, usando cioè lo stesso “amo“.
(Se questa metafora vi ha aiutato, tenetevi forte, perchè ora viene il bello.)
Già avete capito dell’incertezza della tecnica, qualora si conosca l’esatto genoma del virus da cercare.
Ma se il virus, in questo caso il covid, non è mai stato isolato e purificato, cosa stiamo andando a cercare?
Risposta (Scoglio, Kaufman, ecc.):
“qualcosa che si crede possa essere il virus“.
Se la cosa vi scandalizza un pochino, siete sulla buona strada. Ma adesso tenetevi forte perchè ne arriva un’altra.
Altra possibile causa di errore.
Torniamo in metafora. Se del libro che sto cercando non so quasi nulla, ma immagino che sicuramente dovrà contenere un paragrafo con scritto: “Introduzione“. E forse anche uno con scritto: “Conclusione“. E sicuramente contiene la parola “storia“, è chiaro che la mia ricerca sarà molto più incerta. Certo, mi escluderà tutti i libri che non contengono queste tre parole, ma quanti milioni di libri le contengono?
Se non si conosce il genoma completo del virus, ma solo una piccola sequenza che si presuppone appartenere all’RNA del virus, chi garantisce che il risultato del tampone, a.k.a. (also known as) PCR, non sia positivo:
- NON perchè il virus è presente,
- NON perchè l’RNA del virus è presente
- ma solo perchè una frazione dell’RNA del virus, quella che viene identificata e rintracciata dal primer di ricerca, è presente?
Ad esempio perchè il virus è in decomposizione, e particelle del suo RNA si trovano in circolazione, senza alcuna reale attinenza:
- con la sua attività (presunta)
- nè tantomeno patogenicità (altrettanto presunta).
Tornando alla metafora dei libri: se la Divina Commedia non fosse presente nella biblioteca, ma fosse solo presente il primo capitolo, o addirittura la prima pagina soltanto, il risultato sarebbe positivo, secondo le procedure del test: “Abbiamo trovato il libro cercato!” E invece no: hai trovato UNA PAGINA che contiene la frase che stai cercando. Niente a che vedere con la presenza del libro cercato.
Adesso è – credo – chiarissimo il motivo per cui Mullis escludeva la sua invenzione per un utilizzo diagnostisco.
- Amplificazione di materiale noto, questo sì;
- test per verifica presenza (oltretutto in quantità non determinate, visto che il numero di cicli di amplificazione moltplica fino a 1.000 miliardi la quantità originale, e in virologia si parla appunto di “carica virale”, per indicare una soglia minima al di sotto della quale il presunto virus, anche se preente, è innocuo – negli asintomatici appunto), questo assolutamente no: un test assolutamente campato in aria, carico di incertezze ed errori, insomma, alla Fantozzi, diremmo: “Una cagata pazzesca!”
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