Con l’amico commentatore “TheTruthSeeker” (già visto nei commenti a questo post: https://www.ingannati.it/2019/04/06/novak-djokovic-campione-nello-sport-e-nella-vita/) c’è stato un intenso scambio di mail, in questi giorni, a seguito della vittoria di Novak Djokovic agli Australian Open. In sostanza, come evidenziabile già nella prima serie di commenti, e anche negli ultimi messi oggi, lui sostiene che il doping è praticamente omnipresente, specialmente ai livelli massimi e negli sport dove circolano più soldi.

Come dargli torto? Il miraggio del guadagno, della gloria, della notorietà, sono una molla che spinge i più ambiziosi a mettere da parte qualunque cosa, pur di raggiungere l’obiettivo.

 

Per conto mio, di base sono d’accordo, anche se con opportuni distinguo, e mi spiego meglio.

Atleta agonista in gioventù (vicecampione nazionale a 16, dietro al mitico Donato Sabia che poi fece addirittura due olimpiadi, arrivando in entrambe in finale), ho conosciuto la pratica dell’allenamento giornaliero, tutto l’anno, quasi sempre da solo (il mio allenatore stava a 20 km di distanza e dove abitavo ero fra i pochi a praticare atletica). Ci tengo a sottolineare la parola “pratica” e non “sacrificio“: nonostante ci andassi con ogni condizione meteo, arrivando anche a saltare una gita scolastica in quinta liceo per non perdere allenamenti, non lo ritengo un sacrificio: nessuno mi obbligava, lo facevo perchè ero ambzioso, volevo vedere dove potevo arrivare, e l’idea di superare me stesso ancora prima degli altri (che per me non sono mai stati “avversari” da battere ma compagni in questa pratica di superamento dei propri limiti) mi aiutava a superare ogni pigrizia, ogni difficoltà.

Capisco pertanto il desiderio di chi arriva ai massimi livelli, anche se non giustifico il perseguimento del fine “ad ogni costo”.

Il limite c’è, e si chiama correttezza, etica, rispetto delle regole. Per questo c’è una distinzione fondamentale fra tifoso e sportivo, per questo non sono mai stato tifoso, neanche di atletica, e per questo quando al mio amico Giovanni Evangelisti hanno regalato la medaglia di bronzo ai mondiali a Roma con una porcata i diretta in mondovisione, allungandogli la misura dell’ultimo salto mi sono disgustato ed ho smesso di interessarmi di atletica, nonostante una decina d’anni passati sulle piste e sui campi. C’era un limite, e quel limite era stato superato.

Buttiamo via quindi tutto lo sport? Tutto uno schifo, tutto falso?

Bisogna fare un paio di distinguo.

Innanzitutto ci sono sport dove la prestazione fisica è tutto, e quindi il potenziamento muscolare, la capacità aerobica, ecc. sono tutto. Lì la chimica è evidentemente fondamentale, anche se esistono esempi clamorosi come quello dell’altoatesino Schwazer (versione 2.0, non la prima) che, senza assumere alcuna sostanza, arrivò ad essere uno fra i più forti al mondo se non addirittura il primo candidato alla medaglia d’oro olimpica in Brasile, se non fosse stato squalificato dalla IAAF per una sorta di ritorsione mafiosa contro il suo allenatore, Sandro Donati, a cui la federeazione mondiale di atletica leggera gliela aveva giurata.

Per altri sport più tecnici credo che l’incidenza di sostanze, additivi, camere iperbariche, soggiorni ad alta quota, ecc. possa contribuire più di tanto. Conta la testa, la capacità di concentrazione, la forza interiore, che secondo me non si possono dopare più di tanto.

In secondo luogo non sono di principio contrario alla sperimentazione. Si provano nuove tecniche di allenamento; si provano nuovi tipi di alimentazione; si provano nuoe tecniche di meditazione, di concentrazione – che male c’è? Il superamento dei propri limite impone una ricerca costante, l’apertura verso il nuovo, e prima di gridare allo scandalo sarei cauto: vediamo prima se effettivamente ci si è messi in condizioni che svantaggiano gli avversari. Ripeto: se anche in sport di pura resistenza come la marcia un atleta pulito come Schwazer riesce a ritornare, dopo la squalifica, ai massimi livelli mondiali, a maggior ragione in uno sport come il tennis credo che la parte chimica o “artificiale” incida poco o nulla. I muscoli di Nadal sono gonfiati? Non è certo quello che lo fa vincere!

Vi lascio con il discorso che ha fatto Novak alla premiazione.

Qualcuno dirà che è studiato, che fa parte dello storytelling creato ad arte per fare un personaggio benvoluto… ma io lo prendo per quello che è: una bellissima scelta di parole da parte di una persona umile, di riconoscimento del valore dell’avversario, e anche del fatto che ci sono cose più importanti delle competizioni sportive. Per uno che è all’apice della sua carriera, che ha appena vinto il suo ottavo titolo agli Australian Open con oltre 4 ore di match, che dire? Chapeau!