Troppo bello questo pezzo di Mattia Spanò per non riprenderlo e tenerlo qui, a futura memoria.

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È uno schema fisso, come i “sistemoni” che si giocavano una volta al Totocalcio.

Primo: individuare il nemico

Che non è mai e solo un nemico: è il male assoluto, satana in persona.

  • Il virus,
  • Putin,
  • l’origine antropica del cambiamento climatico,
  • Hamas.

Secondo: unirsi senza eccezioni per combattere il diavolo

Uniti andrà tutto bene. Non c’è alternativa. Vaccinarci tutti, combattere l’aggressore Putin fino all’ultimo ucraino, stravolgere il nostro “stile di vita” per ridurre i cambiamenti climatici – assumo che raggiunto il carbon zero, il clima cesserà di cambiare – stare con Israele senza se e senza ma.

Terzo: individuare frasette mantra

da ripetere ossessivamente e in modo ciclico.

  • Epidemia di non vaccinati,
  • c’è un aggredito e un aggressore,
  • è colpa dell’uomo,
  • Israele è l’unica democrazia in Medioriente – com’è noto, le democrazie sono intrinsecamente buone, non hanno mai fatto male ad una mosca. Hitler fu eletto democraticamente, Mussolini anche. Nessuno è perfetto, tranne noi sotto la guida di Mario Draghi, premier non eletto terrorizzato da una ragazzina.

Quarto: rimuovere dalla vita pubblica

qualsiasi segno e presenza del nemico.

  • I fascisti no vax chiusi in casa come sorci,
  • scrittori come Dostoevskij rimossi dalle università,
  • soprano russe che non possono esibirsi e clienti cacciati dai negozi di borse,
  • aziende che vedono l’accesso al credito azzerato o vengono decapitalizzate – come minacciò Larry Fink, CEO di BlackRock — se non si adeguano alle politiche verdi e inclusive,
  • scrittrici palestinesi cacciate dai festival della letteratura.

Quinto: l’arruolamento dell’autorità spirituale par excellence in Occidente,

quella cattolica.

  • Il papa si scaglia contro la guerra – diventata nel sentire comune una categoria astratta come la pace interiore: basta esibire un sorriso diversamente intelligente o mettere il broncio, voce flautata, sguardo spiritato, qualche espressione alata e sentimentale qua e là – ma non dice una parola precisa contro la pioggia di fuoco assassino piovuta su Gaza.
  • Il papa si premura di far sapere attraverso un giornalista israeliano che ha perduto “amici argentini” nell’attacco di Hamas. Si dichiara disposto ad incontrare le famiglie degli ostaggi ebrei, sempre argentini. Certo: ci sono innocenti a Gaza, che “ora pagheranno il prezzo di questi radicalizzati”. Tutto fatale, naturale e inevitabile come la pioggia in autunno. Tutto compresso nella dimensione personale: gli amici argentini. E gli altri, gli estranei palestinesi? Ora pagheranno il prezzo.
  • Prima era stato il negazionismo suicida dei no-vax, vaccinarsi un atto d’amore.
  • Poi era stata la volta del patriarca Kirill “chierichetto di Putin”.
  • Di poche settimane fa l’esortazione Laudate Deum, in cui il papa attacca a testa bassa i negazionisti del cambiamento climatico. Mai uno scarto, un guizzo, una sorpresa. Adesione robotica a sé stesso e all’agenda mediatica.

(È inevitabile chiedersi se abbia capito di essere il papa, e soprattutto se abbia messo a fuoco che un papa non può esprimersi come l’avventore di un bar. Un conto è farsi capire dall’uomo della strada, un altro esprimersi come lui per ottenere lo scopo. Sul piano pastorale, è una distinzione decisiva. Se il papa parla come me, non esiste un solo motivo al mondo per cui debba ascoltarlo: parlo con me stesso, mi ascolto da solo e da solo mi do ragione. Fine della digressione.)

Sesto: proiettare su edifici simbolo del vecchio mondo

i simboli del nuovo mondo, che è essenzialmente virtuale, evanescente. In questo senso proprio la basilica di San Pietro, con quel festival di animali sulla facciata, ha fatto scuola.

Poi è stata la volta delle bandiere ucraine, e oggi di quelle israeliane. Tutto resta com’è, solo temporaneamente ricolorato di ciò che in quel momento interessa al potere. Sarebbe costoso erigere nuovi monumenti: il potere tirchio e usuraio si accontenta di proiettare quattro lucine nel buio. Le tenebre sono il luogo in cui il mondo intorno scompare. Anche questo non è casuale.

Settimo: l’abbattimento della complessità

al livello di asilo nido:

  • cacca, pappa, mamma, bua.
  • Bello brutto, buono cattivo, giusto sbagliato, bianco nero.

Alle masse idiotizzate non serve ragionare, al limite anche male: è essenziale che obbediscano.

Ottavo: vietare (le manifestazioni), censurare

(non solo pensieri articolati: anche i tweet), starnazzare come galline contro la volpe nel pollaio. Chi grida più forte e in modo scomposto vince. I coccodè sono a beneficio delle galline: alla volpe non fanno neanche vento.

Nono: guardarsi bene dall’implicare se stessi

nella battaglia o nella guerra. Inondare di soldi, armi e incoraggiamenti – siamo con voi! – poveri gonzi che vadano a farsi ammazzare al posto nostro. Applicare sanzioni suicide al nemico deprimendo le nostre economie, azzerando apparati cognitivi – per quanto parziali e al limite esecrabili – nonché capacità produttive e di difesa.

Al terrorismo casalingo, reagiamo coi gessetti colorati. “Un enorme puzzle colorato di luce, di vita e di amore sbattuto in faccia a chi semina buio, morte e odio”. Lo hanno scritto veramente, correva il 2016. Fuori casa missili, bombe e il fosforo bianco vietato dalle convenzioni internazionali.

  • I no-vax rimangono dei paria,
  • gli ucraini ormai mandano al macello i ragazzini,
  • i poveri devono comprare auto elettriche che costano come un appartamento e indebitarsi per comprare il frigorifero AAAA++++ (in attesa di quello AAAAA+ in uscita l’anno prossimo) per salvare il pianeta che i ricchi sorvolano con i loro jet, sostenere Israele contro la barbarie islamica dopo avere accolti decine di milioni di barbari in Europa.

Decimo: trovare sempre nuove emergenze,

e ripetere lo schema all’infinito. Quando la spinta propulsiva si esaurisce – la gente si abitua a tutto – ecco che spunta un nuovo “pericolo” che giustifica tutte le contromisure di cui sopra. Il tema non è far fronte ad emergenze e problemi – ce ne sarebbero a ciuffi, volendo – ma assicurare la riproducibilità dello schema.

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È appena il caso di notare che in Israele infuria la protesta contro un governo che un mese fa cercava di avocare a sé il potere assoluto tramite una riforma della giustizia, e che adesso quel potere lo ha ottenuto con lo stato di guerra. Insomma, un pensiero dissonante lo dimostrano le vittime stesse dell’incursione di Hamas, accusando Netanyahu di aver finanziato e rafforzato i terroristi. Ma su questo hush-hush, zitti zitti (Hush-Hush era un rotocalco pettegolo molto popolare nell’America anni ’60: zitti zitti, appunto, mentre spifferava tutto).

Perché il nemico,

  • il male assoluto,
  • l’Emmanuel Goldstein (nome ebraico, peraltro) che si chiami Al Qaeda,
  • l’Isis di Al Baghdadi,
  • un virus ingegnerizzato,
  • l’era dell’ebollizione globale
  • o Hamas,

se non esiste si fabbrica. L’importante è garantire la riproducibilità dello schema.

In quest’immensa friggitoria d’aria che è diventato l’Occidente vittima della propria arteriosclerosi – l’età media degli arzilli vecchietti con barboncino parla chiaro – abbiamo perso di vista un fatto banale: la stragrande maggioranza del mondo non vive e non pensa come noi.

Aizzarli l’un contro l’altro col sotterfugio, l’inganno e la menzogna per mantenere un benessere sempre più fragile e decotto senza spezzarsi nemmeno un’unghia è una pessima idea.

Non tenere sistematicamente conto dei fatti e della storia significa innescare reazioni che sono oggettivamente imprevedibili. Ma questo, nel mondo liberal che si è cullato per qualche anno nell’illusione della fine della storia (“e l’ultimo uomo”: questa è la seconda parte, molto più sinistra, del titolo del libro di Fukuyama), forse non ha nemmeno senso ricordarlo.

Lo schema funzionicchia per chi ci vive dentro, non per chi sta fuori, che ha capito il gioco e non teme ciò di cui noi abbiamo un terrore invincibile: la morte.

I fallimenti catastrofici ormai sono automatici come lo schema.

  • La campagna vaccinale ha fallito,
  • Putin ha vinto la guerra
  • e il mondo islamico scatenerà una guerra senza quartiere contro l’Occidente.

Dove? Dove può vincere facile.

Non certo in Israele o negli Stati Uniti – non subito, a meno che qualche variabile dell’equazione non scombini l’algoritmo – ma nell’Europa molle, vecchia e rimbecillita, in coda fuori dalle farmacie per fare la guerra al mal di testa, la stanchezza cronica e le flatulenze.

I barbari sono già fra noi, come nel declino dell’Impero Romano. Siamo divisi, immiseriti, indifesi come a quel tempo. Solo che questa volta non abbiamo nemmeno il cristianesimo da proporre al nemico. Non è una differenza da poco.