Ricevo e volentieri pubblico, non senza osservare prima come il sempre più rapido susseguirsi di strategie allarmistiche (pandemia – global warming – siccità – guerra – insetti come cibo – auto elettriche obbligatorie – abbattimento bestiamo per limitare CO2 – adesso nuove pandemie, forse fra un po’ gli extraterrestri che ci invadono) riveli la disperazione in cui stanno operando.
Nonostante la frenata sul Covid, quando si erano resi conto che gli ultracinquantenni non avrebbero ceduto, stanno per riprovarci a fine estate con nuove “pandemie” (stanno addirittura dichiarando che stanno sviluppando un vaccino per la prossima pandemia che però non sanno ancora cosa sarà – tanto per dire!) ma riceveranno una risposta molto più forte e compatta di quanto hanno sperimentato nel 2020.
E niente, a forza di tirare la corda, questa si è spezzata, e l’onda di ritorno smonterà definitivamente la supremazia del dollaro, i paradigmi della medicina creata ad uso e consumo delle farmaceutiche, e spingerà ulteriormente quel risveglio che sta avvenendo per sempre più ampie fascie di popolazione.
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Il piano B degli Stati Uniti
di Observer R
Il termine “Piano A” è comunemente usato per indicare la strategia attuale; il termine “Piano B” definisce invece una strategia di riserva o alternativa nel caso in cui il Piano A non dovesse funzionare.
Piano A
Sin dai tempi dalla Guerra ispano-americana, il Piano A degli Stati Uniti (USA) è sempre stato una qualche forma di imperialismo. All’epoca (1898), negli Stati Uniti esisteva una Lega Anti-imperialista, ma non riscuoteva molto successo. Per molti anni, essere imperialisti era stato politicamente corretto, ma, dopo la Seconda Guerra Mondiale, sia l’imperialismo che le colonie erano passati di moda. Alla fine, come termine sostitutivo, gli scienziati politici e gli articolisti delle riviste di relazioni internazionali avevano iniziato ad usare la parola “egemonia”. I riferimenti più generali al Piano A degli Stati Uniti utilizzavano i termini “democrazia liberale” e “ordine internazionale basato sulle regole”. I critici hanno spesso usato il termine “impero americano” per infastidire l’establishment. Negli ultimi anni, uno degli obiettivi del Piano A statunitense era stato il cambio di regime in Russia, per creare un governo simile a quello di Eltsin.
La guerra in Ucraina, come parte del Piano A degli Stati Uniti, ha avuto un lungo periodo di gestazione, con una “rivoluzione arancione” nel 2004 e un’alternanza di cambi di regime tra chi propendeva per gli Stati Uniti e chi per la Russia. Prima del 2014, il governo ucraino aveva optato per un pacchetto economico più vantaggioso da parte dell’Est (Cina e Russia) rispetto all’offerta dell’Ovest (Stati Uniti e Unione Europea).
La Cina voleva avere accesso alle vaste regioni ucraine produttrici di cereali e la Russia voleva continuare le storiche relazioni commerciali. Dopo il cambio di regime del 2014, l’Ucraina aveva abbandonato l’accordo con l’Est e si era rivolta all’Ovest. I campi di grano erano passati dalla [prospettiva di passare sotto il controllo della] Cina agli interessi finanziari degli Stati Uniti. Molte fabbriche ucraine che facevano parte della catena di approvvigionamento russa avevano perso la clientela e avevano smesso di essere redditizie.
L’accordo sul grano del 2022 tra Ucraina, Russia, Turchia e ONU illustra la complessa situazione. L’accordo era stato venduto alle Nazioni Unite sulla base del fatto che il grano ucraino era necessario per prevenire la fame nei Paesi poveri del mondo. Tuttavia, la maggior parte del grano era andata alla Cina e ai Paesi della NATO. Ai Paesi poveri era stato consegnato meno del tre per cento. Inoltre, la maggior parte del ricavato della vendita del grano sarebbe andato ad un grande investitore finanziario statunitense in terreni agricoli ucraini [BlackRock, N.D.T.]. Inoltre, l’Occidente non aveva rispettato la sua parte dell’accordo, rifiutandosi di attuare le clausole che prevedevano la revoca di alcune sanzioni e la possibilità per la Russia di esportare fertilizzanti. Dal punto di vista russo, ancora una volta, l’Occidente aveva dimostrato di non essere “capace di mantenere fede agli accordi”. Il non rinnovo da parte della Russia dell’accordo sul grano è riuscito a irritare sia la Cina che i Paesi della NATO. Tuttavia, la Russia ha dichiarato che avrebbe fornito gratuitamente grano sostitutivo ai Paesi poveri. In seguito all’attacco ucraino del luglio 2023 al ponte di Kerch, la Russia ha sostanzialmente bloccato i porti ucraini, intimando a tutte le navi di non muoversi e bombardando le strutture portuali. I danni sono apparentemente gravi e ostacoleranno le esportazioni di grano per qualche tempo.
Nonostante gli sforzi degli Stati Uniti, la guerra in Ucraina non sta seguendo il copione originale del Piano A. L’esercito ucraino non sta facendo progressi contro le difese russe e sta perdendo un gran numero di soldati e sistemi d’arma. Gli Stati Uniti non hanno tenuto conto della necessità di avere un’ampia riserva di fabbriche in grado di produrre notevoli quantità di armi e munizioni. L’Occidente non è in grado di produrre un numero sufficiente di armi o munizioni sostitutive. Il Piano A non ha considerato adeguatamente i requisiti della guerra industriale. Dal punto di vista ucraino, la riunione della NATO a Vilnius è stata un disastro. La NATO ha sostanzialmente detto all’Ucraina che non avrebbe potuto aderire alla NATO fino a quando l’Ucraina non avesse vinto la guerra, e che l’Ucraina doveva vincere presto perché i finanziamenti e il sostegno della NATO per la guerra si sarebbero esauriti probabilmente alla fine del 2023. Ciò significa essenzialmente che l’Ucraina perderà la guerra e non entrerà nella NATO. Una spiegazione dell’esitazione degli Stati Uniti nell’inviare all’Ucraina armi più avanzate può essere nell’annuncio di Biden & Co., secondo cui gli Stati Uniti non vorrebbero entrare in guerra con la Russia. Tuttavia, un’altra ragione è che gli Stati Uniti temono che le loro armi più avanzate vengano distrutte o catturate dalla Russia.
Il Piano A degli Stati Uniti conteneva una seconda componente oltre a quella della guerra industriale, che potrebbe essere generalmente chiamata guerra finanziaria. Stiamo parlando delle ben note sanzioni contro la Russia. L’intento era quello di impedire alla Russia di utilizzare i circuiti delle carte di credito statunitensi, il sistema di trasferimento di denaro SWIFT e altri sistemi finanziari simili. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno anche impedito i voli commerciali russi verso l’Europa e l’America, l’esportazione di materiali e tecnologie critiche verso la Russia, hanno perseguitato le imprese russe e hanno cercato di confiscare circa 300 miliardi di dollari di beni russi.
Purtroppo per gli Stati Uniti, né la guerra industriale né quella finanziaria hanno avuto l’impatto desiderato o previsto. Gli Stati Uniti stanno perdendo la loro guerra per procura in Ucraina, le armi americane sembrano essere inferiori a quelle russe e le fabbriche statunitensi non sono in grado di far fronte ad una guerra industriale. I video mostrano i blindati occidentali che bruciano, il che non aiuta le vendite al Sud globale delle armi statunitensi e dell’UE. Per quanto riguarda la guerra finanziaria, la Russia ha sviluppato sistemi alternativi in sostituzione di quelli occidentali e ha condotto un massiccio programma di differenziazione delle importazioni. Contrariamente alle aspettative, le sanzioni hanno avuto un impatto perverso [nei confronti dell’Occidente] e hanno di fatto favorito la Russia. Il Sud globale è sempre più restio a detenere beni in Occidente o a dipendere troppo dalle importazioni o dai sistemi occidentali. C’è un movimento mondiale verso la de-dollarizzazione. Sembra che il Piano A degli Stati Uniti stia fallendo sia sul fronte della guerra moderna-industriale che su quello della guerra finanziaria.
Piano B
Ci sono poche prove che gli Stati Uniti avessero un piano B. Avrebbe dovuto esserci un’analisi sofisticata dei potenziali contraccolpi, delle controindicazioni, degli effetti boomerang e dei possibili fallimenti del piano A. Si sarebbe dovuto preparare qualcosa di simile ad una dichiarazione di impatto ambientale. Una “Dichiarazione di impatto del conflitto” avrebbe analizzato le alternative all’azione proposta e i potenziali effetti collaterali di ciascuna alternativa. Non è chiaro se sia stato prodotto qualcosa di simile. Tuttavia, è improbabile che molti politici americani, intrisi di eccezionalismo e arroganza, avrebbero considerato necessario o auspicabile un piano di riserva.
Tuttavia, man mano che l’incombente fallimento del Piano A in Ucraina diventa sempre più evidente, stanno emergendo alcuni timidi accordi alternativi. Una di queste proposte è quella di fornire all’Ucraina una sorta di garanzia di sicurezza simile a quella implicita fornita dagli Stati Uniti ad Israele. Quest’idea è povera di dettagli ed è difficile capire come potrebbe essere applicata o attuata. Nessun Paese della NATO confina con Israele, nemmeno la Russia confina con Israele e si dice che Israele abbia una buona scorta di armi nucleari. Un’altra proposta è quella di un cessate il fuoco sull’attuale linea di contatto e di una divisione dell’Ucraina sulla falsariga di quella che aveva separato la Corea del nord da quella del sud. Anche in questo caso, è difficile che questo possa funzionare nella pratica, perché la Russia avrebbe ancora un proxy della NATO sul suo confine, insieme ai neonazisti e all’esercito ucraino. È dubbio che la Russia accetti qualcosa di così lontano dalla sua proposta riguardante l’architettura di sicurezza europea. Una terza possibilità menzionata è che le truppe polacche e dei Paesi baltici entrino effettivamente in battaglia in Ucraina per compensare la perdita di truppe ucraine. La Polonia occuperebbe essenzialmente la parte occidentale dell’Ucraina e la guerra finirebbe in una situazione di stallo. La Russia ha già detto ai polacchi di non pensarci nemmeno. Una quarta proposta consiste semplicemente nel continuare la “narrazione” che l’Ucraina sta vincendo la guerra e, allo stesso tempo, negoziare segretamente con la Russia la cessazione dei combattimenti. Questa è la versione del “dichiarare la vittoria e tornare a casa”. Ovviamente, una cosa del genere sarebbe molto difficile da realizzare.
In ogni caso, si tratta di proposte limitate, che non affrontano la questione generale del conflitto tra Stati Uniti e Russia. Con il senno di poi, il Piano A avrebbe dovuto includere disposizioni per la riorganizzazione delle fabbriche belliche, in modo che fossero in grado di sostenere una guerra di tipo industriale, e per la ricerca e lo sviluppo di armi ipersoniche. Uno sforzo tardivo per affrontare questi problemi è probabilmente troppo poco e troppo tardi. Per quanto riguarda la guerra finanziaria, gli studiosi avevano già sottolineato che le sanzioni raramente portano a cambiamenti di regime e, per lo più, danneggiano la gente comune. Le sanzioni accelerano lo sviluppo di prodotti sostitutivi a livello nazionale. Negli USA, la mancanza di fabbriche belliche e di armi ipersoniche avrebbe dovuto essere immediatamente evidente nel 2018, quando la Russia aveva annunciato il suo nuovo stock di “armi miracolose”. Invece, agli inizi, negli Stati Uniti c’era stata una marcata incredulità sul fatto che la Russia fosse capace di una mossa così rivoluzionaria. Tuttavia, nel dicembre 2021, quando la Russia aveva reso pubblico il suo Non-Ultimatum sull’Ucraina, gli Stati Uniti avevano ammesso di essere molto indietro nella corsa agli armamenti e di aver avviato un programma d’emergenza per arrivare all’ipersonico. Tra il 2018 e il 2021, quindi, si sono moltiplicate le prove sul fatto che il Piano A poggiava su un terreno molto traballante. Il Consiglio di Sicurezza Nazionale (NSC), l’Agenzia di Intelligence della Difesa (DIA) e l’Agenzia Centrale di Intelligence (CIA) avrebbero dovuto avvertire gli alti funzionari statunitensi di questi problemi. Se ciò sia stato fatto è una questione aperta. Forse gli analisti ci avevano provato ma i quadri intermedi non volevano essere portatori di cattive notizie. Oppure i funzionari ai vertici erano stati informati, ma avevano deciso di ignorare gli avvertimenti. In ogni caso, gli Stati Uniti erano andati avanti con il Piano A e ora si trovano di fronte ad un fiasco generalizzato.
Un generale britannico, Bernard Montgomery, aveva detto: “La regola 1, a pagina 1 del libro della guerra, è: Non marciare su Mosca”. Ci aveva provato Napoleone, ci aveva provato Hitler e ora ci hanno provato Biden & Co. I russi erano arrivati a Parigi, i russi erano arrivati a Berlino, ma gli americani sono ancora in tempo per prendere una via di fuga. Gli americani dovrebbero rimpiangere il giorno in cui non avevano approfittato del non-ultimatum russo del dicembre 2021. Il motivo è che, a quel punto, gli Stati Uniti erano ancora in tempo per salvare almeno una parte della loro egemonia finanziaria nel mondo e sbarazzarsi di una zavorra ormai inutile.
Piano B – Cosa si sarebbe potuto fare
Tornando al periodo 2018-2021, uno sforzo degli Stati Uniti per competere nella guerra industriale avrebbe richiesto molto tempo per dare frutti, e un tentativo di recuperare il ritardo nella corsa agli armamenti era altrettanto dubbio. Tuttavia, gli Stati Uniti erano ancora in grado di impegnarsi in una competizione “furtiva” nella guerra finanziaria, ma ciò avrebbe richiesto una serie di politiche quasi opposte o contrarie [a quelle effettivamente prese]. La chiave era sostenere l’uso mondiale del dollaro USA fornendo incentivi, piuttosto che i disincentivi che erano stati effettivamente imposti. Il dollaro USA era la prima valuta di transazione a livello mondiale, la prima moneta di riserva delle banche centrali e i sistemi finanziari statunitensi erano i primi al mondo. I trilioni di dollari statunitensi detenuti al di fuori degli Stati Uniti equivalevano a denaro “gratuito” per gli Stati Uniti e si sarebbe dovuto fare ogni sforzo per incoraggiare gli altri Paesi a detenere e a utilizzare i dollari statunitensi. Purtroppo, gli Stati Uniti hanno fatto ricorso alla prepotenza e alle sanzioni nei confronti di altri Paesi, ottenendo esattamente il contrario. Le azioni statunitensi hanno promosso la de-dollarizzazione. Gli Stati Uniti hanno perso l’opportunità di trattare con i loro concorrenti “uccidendoli con gentilezza”.
Un fattore cruciale dell’egemonia finanziaria è il ruolo del dollaro USA nel commercio mondiale e nelle riserve delle banche centrali. La valuta statunitense è utilizzata per far girare le ruote del commercio in tutto il mondo e il dollaro USA è lo standard per la quotazione dei prezzi e la pubblicazione delle statistiche economiche. Quando gli Stati Uniti avevano abbandonato l’oro durante l’amministrazione Nixon, i funzionari del tesoro erano stati abbastanza preveggenti da organizzare il sostegno al dollaro collegandolo al petrolio dell’Arabia Saudita. Il petrolio saudita avrebbe potuto essere venduto solo in dollari, da cui il nome di “petrodollari”. Purtroppo, le amministrazioni statunitensi successive avevano intrapreso attività che avrebbero poi compromesso il ruolo primario del dollaro. Il piano B avrebbe dovuto prevedere sforzi ampi e sofisticati per sostenere l’uso del dollaro, con la consapevolezza che un’eccessiva dipendenza dal petrolio saudita non era una proposta praticabile a lungo termine. Il sostegno avrebbe potuto assumere la forma di un incoraggiamento ai Paesi e alle imprese ad utilizzare il sistema di trasferimento di denaro SWIFT. Lo SWIFT avrebbe dovuto essere trasformato in un’operazione veramente internazionale, con un consiglio di amministrazione che avesse un’equa rappresentanza di tutto il mondo. Gli Stati Uniti avrebbero dovuto rinunciare al controllo di questo organismo finanziario e permettere che lo assumesse un management veramente neutrale. La stessa procedura avrebbe dovuto essere applicata ai sistemi di carte di credito e ad altri meccanismi finanziari per incoraggiare il flusso continuo di dollari in tutti i Paesi. Invece, gli Stati Uniti hanno deciso di usare come arma sia lo SWIFT che il sistema delle carte di credito, con il risultato di far sviluppare e utilizzare sistemi alternativi che non hanno bisogno del dollaro USA per funzionare.
Inoltre, l’Occidente non avrebbe mai dovuto cercare di confiscare i beni russi all’estero, compresi i presunti 300 miliardi di dollari di riserve monetarie russe. Sequestrare gli yacht degli oligarchi russi è stato uno sforzo pubblicitario infantile, simile alle sciocchezze delle “patatine fritte della libertà” durante la guerra in Iraq. Queste e altre azioni simili sono servite solo ad indebolire la reputazione degli Stati Uniti nei confronti del rispetto dei diritti di proprietà degli stranieri.
Un’altra area che il Piano B avrebbe dovuto coprire è lo stoccaggio dell’oro. Nel corso degli anni, in tempo di guerra, molti governi e molte banche avevano trasferito il loro oro negli Stati Uniti affinché venisse custodito. Una parte di questo oro era stato conservato nel leggendario Fort Knox, insieme alle riserve auree degli Stati Uniti. Questa funzione richiedeva la massima onestà e trasparenza. Gli Stati Uniti avrebbero dovuto pubblicizzarsi come la “cassetta di sicurezza del mondo” e poi essere all’altezza del loro marketing. Tutto l’oro in deposito avrebbe dovuto essere restituito subito, su richiesta, al proprietario straniero, con il numero di serie corretto sui lingotti e con un’attenta verifica che nessuno di essi si fosse miracolosamente trasformato in tungsteno durante il deposito. Inoltre, la cassetta di sicurezza avrebbe dovuto essere aperta a verifiche realistiche da parte di esperti internazionali, al fine di sedare qualsiasi voce sospetta. Si suppone che il dollaro statunitense sia sostenuto dalla piena fede e dal credito del governo degli Stati Uniti, ma, se vengono sollevati seri dubbi sulla correttezza della custodia dell’oro da parte degli USA, anche quella fede e quel credito verrebbero messi in discussione. Il piano B avrebbe dovuto coprire anche la questione della gestione dell’oro appartenente ad una nazione straniera in caso di guerra o rivoluzione che coinvolgesse gli Stati Uniti. Le voci sulla scomparsa dell’oro in Iraq e in Libia sono esempi di un’apparente mancanza di procedure adeguate.
Queste idee si limitano a scalfire la superficie delle potenziali misure a sostegno del dollaro. Altre idee ovvie riguardano il debito nazionale, il bilancio federale, l’inflazione e un esame della storia degli imperi. Un Rapporto sull’Impatto del Conflitto avrebbe analizzato in dettaglio tutto questo, così come le varie alternative, in modo che potessero essere prese decisioni informate.
Conclusione
Nel 2018, gli osservatori attenti erano già in grado di affermare che la strategia dell’establishment statunitense per trattare con la Russia (Piano A) era improbabile potesse avere successo. I motivi erano: 1) gli Stati Uniti non disponevano delle fabbriche necessarie per mantenere una guerra industriale, 2) gli Stati Uniti non disponevano di armi avanzate per contrastare l’ipersonica russa e 3) l’affidamento degli Stati Uniti alle sanzioni si sarebbe rivelato controproducente. A quel punto, gli Stati Uniti avrebbero dovuto ricorrere ad una strategia di riserva o alternativa (Piano B), ma non sembrava che tale piano fosse disponibile.
Esisteva una strategia alternativa potenziale, ma non scritta: sostenere il dollaro USA aggiungendo ulteriori misure a complemento del precedente schema del petrodollaro ed eliminare le misure che indeboliscono l’uso del dollaro. Sfortunatamente per l’establishment statunitense, gli Stati Uniti sono andati avanti con il piano A, con il risultato che non solo non sono riusciti ad affondare la Russia, ma hanno anche in gran parte rovinato qualsiasi possibilità di un piano B realistico. Allo stato attuale, gli Stati Uniti si trovano ad affrontare un’altra debacle militare in Ucraina, una Russia risorgente, un ambiente interno statunitense al collasso e un Oriente e un Sud globali che si lasciano alle spalle l’Occidente. A peggiorare le cose, si potrebbe dire che non è stata presa in considerazione pubblicamente alcuna alternativa in grado di funzionare.
Sarà un pensiero infantile ma…
Sarebbe ora di considerare tutti gli esseri umani come Fratelli e Sorelle.
Se ci saranno controversie a livello planetario, le si risolveranno come nelle pratiche sportive: sfida incruenta tra i due avversari e arbitri imparziali che facciano rispettare le regole del match.
Assolutamente vietato uccidere gli avversari…!
Manca del tutto due presupposti fondamentali e quindi arriva a conclusioni errate, d’altronde questo Observer R è statunitense e vede solo un lato della medaglia, chissà come mai…..!!
1. “L’Ucraina come “perno geopolitico”: La Grande Strategia USA 1991 – 2022″
by Monthly Review, Marzo 2022
Mentre scriviamo queste note, all’inizio di marzo 2022, la guerra civile limitata in Ucraina, che dura ormai da otto anni, si è trasformata in una guerra su vasta scala. Ciò rappresenta un punto di svolta nella Nuova Guerra Fredda e una grande tragedia umana. Minacciando un globale olocausto nucleare, questi eventi stanno ora mettendo in pericolo il mondo intero. Per comprendere le origini della Nuova Guerra Fredda e l’inizio dell’attuale ingresso russo nella guerra civile ucraina, bisogna risalire alle decisioni, legate alla creazione del Nuovo Ordine Mondiale, prese a Washington nel 1991 a conclusione della precedente Guerra Fredda. Nel giro di pochi mesi, Paul Wolfowitz, l’allora sottosegretario alla Difesa per la politica nell’amministrazione di George H.W. Bush, pubblicò Defense Policy Guidance (Linee guida per la Politica di Difesa), affermando: “La nostra politica [dopo la caduta dell’Unione Sovietica] deve concentrarsi ora sull’impedire l’emergere di un qualsiasi potenziale futuro concorrente globale.” Wolfowitz sottolineava che “la Russia rimarrà la potenza militare più forte in Eurasia.” Erano quindi necessari sforzi straordinari per indebolire la posizione geopolitica della Russia in modo permanente e irrevocabile, prima che fosse in grado di riprendersi, portando nell’orbita strategica occidentale tutti quegli stati che ora la circondano e che in precedenza erano stati parti dell’Unione Sovietica o che rientravano nella sua sfera di influenza (“Excerpts from Pentagon’s Plan: ‘Preventing the Re-Emergence of a New Rival’,” New York Times, March 8, 1992).
Le Linee guida per la Politica di Difesa di Wolfowitz furono adottate da Washington e da tutti i principali pianificatori strategici statunitensi i cui punti di vista, a quel punto, si rifacevano sempre più alle dottrine geopolitiche classiche introdotte da Halford Mackinder nella Gran Bretagna imperiale prima della Prima Guerra Mondiale, e che furono ulteriormente sviluppate da Karl Haushofer nella Germania nazista e Nicholas John Spykman negli Stati Uniti negli anni ’30 e ’40. Fu Mackinder che nel 1904 introdusse l’idea che il controllo geopolitico del mondo dipendesse dal dominio dell’Eurasia (la principale massa continentale dei continenti europeo e asiatico), che chiamò Heartland. Il resto dell’Asia e dell’Africa insieme all’Heartland formavano il World Island. Nacque così il suo motto, spesso citato:
Chi governa l’Est Europa comanda l’Heartland:
Chi governa l’Heartland comanda il World Island:
Chi governa il World Island comanda il Mondo.
Proseguimento:
https://www.antropocene.org/index.php?option=com_content&view=article&id=241:l-ucraina-come-perno-geopolitico-la-grande-strategia-usa-1991-2022&catid=12&Itemid=148
2. “Lo scopo della Nato è tenere dentro gli americani, fuori i russi e sotto i tedeschi“, Hastings Lionel Ismay, primo segretario generale della Nato (1949).
3. A titolo integrativo.
Henry Kissinger, ebreo americano di origine tedesca, stratega di lungo corso della geopolitica americana ( le sue “genialate” in Sud America e Vietnam portarono solo enormi sofferenze alle popolazioni locali ) disse a suo tempo:
“Chi controlla il cibo controlla le persone; chi controlla l’energia può controllare interi continenti; chi controlla il denaro può controllare il mondo”.
Breve commento
Questo detto in termini aulici poi invece praticamente vale ancora quanto segue:
“Gli inglesi e gli americani sono ladri, banditi e pirati, e siamo orgogliosi di appartenere a questa categoria” Mark Twain, più di cento anni fa.
3A. Reminder criminale su Kissinger riguardante l’Italia.
1976, Kissinger disse a Moro: «Non potete continuare a far crescere l’economia italiana del 3-4% ogni anno, perché state diventando più importanti di quello che noi possiamo sopportare. Io ti ammazzo»
Nino Galloni, dichiarazioni rilasciate in una conferenza di “FlipItaly” il 1° dicembre 2021. Economista e saggista, Galloni è figlio di Giovanni Galloni, già ministro, vicepresidente del Csm e autorevole dirigente della Dc, vicinissimo ad Aldo Moro
” Dagli anni Settanta in poi abbiamo sperimentato a diversi modelli di capitalismo. Il primo è quello del capitalismo espansivo, in realtà iniziato già nel 1944 dopo Bretton Woods. E’ durato fino al G7 di Tokyo del 1979 e, secondo me, da noi fino al divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia. In quel periodo, l’obiettivo delle imprese era la massimizzazione delle vendite: quindi c’era spazio per l’aumento dei profitti, dei salari, dell’occupazione. Quindi abbiamo avuto la trasformazione della classe operaia in classe media. Insomma, stavamo tutti meglio: la classe politica voleva arricchire la popolazione attraverso i disavanzi pubblici, finanziati a bassi tassi d’interesse.
Se i titoli pubblici non li acquistava nessuno, li comprava la Banca d’Italia stampando moneta: al passivo metteva l’emissione monetaria e all’attivo i titoli. E’ così che siamo diventati la quinta potenza mondiale, la quarta potenza manifatturiera del pianeta. E abbiamo cominciato a dare fastidio un po’ a tutti, nel Mediterraneo: ai francesi, agli inglesi, agli israeliani, agli americani e ai russi. Così spiego anche la vicenda Moro: in termini di conflitto tra lui e Kissinger. Il problema esplose in un incontro fondamentale del 1976, in cui Kissinger disse a Moro: «Non potete continuare a far crescere l’economia italiana del 3-4% ogni anno, perché state diventando più importanti di quello che noi possiamo sopportare. Io ti ammazzo». Parole testuali di Kissinger. Tornato a casa, Moro lo disse alla moglie e a mio padre: erano le uniche Morodue persone di cui lui si fidasse. La moglie gli consigliò di ritirarsi dalla politica. E non si sa – quella mattina del 16 marzo 1978, quando fu sequestrato – che cosa avrebbe detto, in Parlamento.”
Riferimento:
https://www.libreidee.org/2021/12/covid-e-clima-galloni-chi-inventa-le-emergenze-e-perche/
Commento finale
Allora si era in guerra fredda e gli USA erano disposti a fare carne di porco anche dell’Italia ( vedasi: omicidio Moro e strategia della tensione ) pur di vincere , oggi siamo in una nuova guerra fredda dove il potere mondiale degli USA è stato messo pesantemente sotto scacco dai BRICS e quindi anche in questo caso sono disposti fare carne di porco stavolta non solo dell’Italia ma anche dei paesi europei area euro ( Germania in primis! ) e tutto questo pur di non affondare definitivamente come impero globale, insomma, nella migliore delle ipotesi si tratterà per loro di una vittoria di Pirro, nella peggiore delle ipotesi hanno firmato la loro condanna a morte economica e sociale definitiva.
4. Ti sto per inviare email con due Lectio Magistralis sul conflitto russo ucraino che vanno davvero a fondo, soprattutto quella di Lazzaretti, ingegnere cattolico praticante come te, fra poco arrivano!
1. “UNA LETTURA ISTRUTTIVA PER SCHIVARE FAKE NEWS / LE ORIGINI DELLA GUERRA RUSSO-UCRAINA”, di A. Cinquegrani per La Voce delle Voci, 23 agosto 2023
Alla ricerca dei veri motivi che hanno causato il conflitto in Ucraina.
Delle radici più profonde, fuori dai clichè e dal tam tam del mainstream, diretto in modo ‘scientifico’ dagli Stati Uniti e dal suo sempre più guerrafondaio ‘Dipartimento di Stato’guidato dai super falchi Tony Blinken e Victoria Nuland.
E’ lo scopo di un fresco di stampa, ‘Le origini della guerra russo-ucraina’, sottotitolo ‘La crisi della globalizzazione e il ritorno della competizione strategica’, firmato dallo storico partenopeo Salvatore Minolfi e pubblicato per le edizioni dell’‘Istituto Italiano per gli Studi Filosofici’. Una delle ‘istituzioni’, è proprio il caso di dire, a Napoli, di maggior peso e maggiore autorevolezza, fondato e animato per anni da uno degli ‘intellettuali’ più autentici dell’ultimo trentennio, l’avvocato Gerardo Marotta. E l’Istituto, con i suoi convegni di livello internazionale e le sue pubblicazioni, ha rappresentato e rappresenta un punto di riferimento imprescindibile, anche sul fronte della tutela dei beni ambientali della città
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La matrioska della guerra
Introduzione
L’epoca del dopo guerra fredda – quella iniziata con le speranze dell’89 – è stata costellata di conflitti. Alle sue origini doveva essere, nella narrativa dominante, un’epoca pacifica, poiché la fine della competizio- ne strategica tra le due superpotenze e il collasso dell’URSS avrebbero rimosso l’ultimo ostacolo all’avvento di un ordine nuovo, garantito dalla supremazia incontrastata degli Stati Uniti che, rimodulando la sovranità nell’universo degli Stati – e ponendo alla sua cuspide un egemone bene- volo – li avrebbe privati di quei caratteri hobbesiani che condannavano il mondo ad essere il teatro di una guerra di tutti contro tutti1.
Dacché quella dottrina fu lanciata molta acqua è passata sotto i ponti e la realtà si è mostrata sensibilmente differente. La nuova epoca si apriva con una guerra, quella combattuta nel Golfo Persico, ed avrebbe continuato a dipanarsi in un serie inesauribile di conflitti – dai Balcani al Medio Oriente alle province più remote dello spazio post-sovietico – in un contesto aggravato da “un processo di rilegittimazione surrettizia dell’uso della forza”, tale da condurre “alla dissoluzione di ogni chiara distinzione tra pace e guerra”2. Una ricerca del “Watson Institute for International and Public Affairs” (Brown University) stima che la sola costellazione di conflitti legati al disordine mediorientale abbia mietuto oltre novecentomila vittime.
Non è questo il luogo per dar conto dell’ampia e articolata geografia della guerra degli ultimi trent’anni. Ciò che preme qui sottolineare è che, malgrado quei terribili precedenti, la guerra russo-ucraina ci trasporta in un’altra dimensione. Non si tratta di convalidare un’am- bigua ed inaccettabile gerarchia del dolore: seppure a diversi livelli di intensità, tutte le guerre tendono a produrre sofferenze e distruzioni immani, aggravando quasi sempre i problemi che le avevano prodotte. Piuttosto, si tratta di richiamare l’attenzione sui caratteri specifici del conflitto in Ucraina e sulla novità che questo rappresenta nella storia del presente. Non è la prima volta – come invece si è detto e scritto in più occasioni – che si combatte in Europa da quando la guerra fredda è terminata: la rimozione collettiva delle guerre nei Balcani è un problema della coscienza pubblica europea. La novità, invece, è che – dopo una lunga serie di conflitti di rilevanza periferica, per le loro implicazioni di carattere geopolitico e strategico – la guerra russo-ucraina sposta il cuore del confronto militare in una scena centrale e impegna attori ri- levanti per gli equilibri complessivi del sistema internazionale. In breve, riapre l’orizzonte – quello sì, impensabile negli ultimi settant’anni – di una major war.
Ragionare sulla guerra, capire il come e il perché si sia giunti a questo punto, non è facile in generale. Lo è ancor meno per gli europei, collo- cati nel cuore o nell’immediato retroterra del conflitto. Le esigenze stesse della guerra richiedono e sollecitano un certo grado di conformismo intellettuale, la capacità di accettare una rappresentazione semplificata della realtà, la disponibilità ad adattarsi a formule semplici e virtuose e, qualora la verità risulti troppo scomoda o complessa, a sottoscrivere una visione “clearer than the truth” (nella memorabile espressione di Dean Acheson, agli albori della guerra fredda).
Questo conformismo intellettuale non è un effetto collaterale del conflitto. Ne è piuttosto parte attiva, poiché la comprensione degli eventi interagisce con il loro svolgimento, benché non si possa stabi- lirne la misura, senza cedere alle insidie della retorica o del moralismo a buon mercato.
A rendere le cose ancora più difficili concorre la natura stessa del con- flitto, nella cui trama si intrecciano i fili originariamente appartenenti a tessuti differenti: il risultato è che questioni di carattere locale (se non, addirittura, in origine di natura regionale) ora sono inestricabilmente collegati alla dimensione globale.
L’immagine più adatta per descrivere il conflitto in Ucraina potrebbe essere quella di una matrioska (naturalmente, una matrioska dell’orrore), con una bambola madre che contiene al proprio interno tante altre figure, non immediatamente percepibili, a meno che non si decida di aprirle una ad una. La bambola madre, in questo caso, è rappresentata da una guerra interstatale, originatasi dall’invasione russa dell’Ucrai- na, cioè dall’aggressione militare di una potenza ai danni di un paese sovrano, le cui premesse operative rimandano alle vicende del 2014, anno in cui la Russia si annetté la Crimea ed appoggiò apertamente il movimento secessionista nella regione del Donbass, in conseguenza dei drammatici e torbidi disordini – e del loro controverso epilogo – che investirono la capitale Kyiv.
Proseguimento:
https://www.lavocedellevoci.it/2023/08/23/una-lettura-istruttiva-per-schivare-fake-news-le-origini-della-guerra-russo-ucraina/
In particolare il seguente passaggio dell’articolo:
“Ancora più all’interno, emerge un quarto profilo, poiché lo sviluppo del conflitto ha decretato il totale azzeramento della politica estera tede- sca dell’ultimo ventennio. Originatasi sul terreno della politica energe- tica, la speciale relazione russo-tedesca è stata percepita a Washington, sin dal principio, come il sintomo di un pericoloso disallineamento tedesco dal compatto strategico euro-atlantico: essa si accompagnava, infatti, all’opposizione tedesca all’invasione dell’Irak (2003), al rifiuto opposto all’ingresso dell’Ucraina nella NATO (2008), all’ostentata estra- neità della Germania alla tragica avventura libica dell’Alleanza Atlantica (2011), alle resistenze tedesche alle sanzioni dopo l’annessione russa della Crimea (2014). E, proprio a partire da quest’ultimo episodio, la Repubblica di Berlino è entrata nel mirino delle Amministrazioni ame- ricane, che hanno fatto della loro opposizione al progetto Nord Stream l’oggetto di una dura ed esplicita politica sanzionatoria culminata con il CAATSA del 2017 e il PEESA del 20197. Iniziato ben prima del 24 febbraio 2022, il conflitto politico tra Washington e Berlino si è con- cluso proprio in virtù della guerra russo-ucraina: se alla fine del 2019, il Ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, poteva ancora protestare contro le “ingerenze straniere” ed affermare che “la politica energetica europea è decisa in Europa, non negli Stati Uniti”, due anni dopo, della politica energetica tedesca non rimaneva più nulla. L’enormità della sconfitta tedesca è l’equivalente funzionale di una disfatta in guerra. E non è finita qui: recisa la coda lunga della Ostpolitik, la Germania ora si trova sotto esame anche per le sue relazioni economiche, straordina- riamente redditizie, con la Cina.”
1A. Reminder storico evergreen collegato ma sottovalutato, chissà come mai….., eccolo arriva!
“I documenti sono stati scoperti da Joshua Paul, un professore della Georgetown university
La Ue fatta nascere dalla Cia
Che finanziò massicciamente tutti i leader europeisti”
di James Hansen per ItaliaOggi – Numero 019 pag. 13 del 23/01/2016
https://www.italiaoggi.it/news/la-ue-fatta-nascere-dalla-cia-2053384
2. “Le guerre dei presidenti americani, dal 1945 a oggi”, Mauro Leonardi per Agi, gennaio 2020
Tutti i presidenti Usa hanno iniziato una guerra, o l’hanno continuata. Da Truman a Obama, tutti i conflitti
Proseguimento:
https://www.agi.it/blog-italia/idee/guerre_usa_presiedenti-6849205/post/2020-01-08/
Breve commento finale.
War is a Racket!
“La pace è guerra, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”. 1984, di George Orwell.