Ricevo dall’amico TruthSeeker e volentieri riporto (sotto) anticipando un mio commento.

Tutti i sabati passa un signore a chiedere qualcosa, pasta, scatolette, ecc. Settimana scorsa abbiamo visto che ha buttato via, per la strada, una delle cose che gli avevamo dato. Ovvio che la prossima volta glielo faremo notare e non gli daremo nulla. Perchè aiutare uno che butta via, per la strada, quello che gli hai dato?

Analogamente mi domando: Perchè aiutiamo l’Ucraina? Stiamo distruggendo la piccola media impresa in Italia, moltiplicando per 10 i prezzi dell’energia, per fare un favore a questi criminali?

A proposito:

Il primo settembre  c’è stato un

“Tentativo di assalto militare da parte ucraina alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, sfruttando l’arrivo della commissione AIEA presso la regione, dopo una rocambolesca giornata. Gli ucraini hanno aperto il fuoco anche contro la centrale elettrica convenzionale di Energodar. Il tradimento ucraino verso l’ONU, sfruttando l’arrivo della missione AIEA i felloni hanno tentato di occupare la centrale con uno sbarco anfibio, studiato nei dettagli per mesi, è fallito in poche ore con il massacro di circa 300 soldati ucraini. I nostri media non riportano niente”. (Massimo Martelli)

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1. “Offshore 95: i misteri degli affari del presidente ucraino Zelensky”, di M. Torti per Sovranità Popolare,  8 agosto 2022
 

Il quotidiano tedesco Die Welt ha pubblicato alcuni estratti di una biografia sul presidente ucraino Zelensky che rivela fatti di corruzione molto gravi e il coinvolgimento di personaggi pubblici, oligarchi, aziende e banche in tutto il mondo. I giornalisti del Welt, Steven Derix e Marina Shelkunova, autori dell’articolo mettono a fuoco i fatti antecedenti il conflitto del 24 febbraio 2022, enormi quantità di soldi movimentati tra aziende e banche. Il tutto ha inizio dal lavoro dei giornalisti investigativi ucraini dell’agenzia Slidstvo.info, agenzia investigativa indipendente e creatore di lungometraggi documentari investigativi e indagini testuali.

“La corruzione non è un funzionario senza nome con un sacco di soldi. La corruzione ha nomi e cognomi, date e geolocalizzazione, ma la cosa peggiore è che la corruzione ha delle vere vittime, sono tra noi e ne parleremo.La verità è il primo passo nella lotta alla corruzione. 

“Offshore 95: i misteri degli affari del presidente Zelensky”, programmato nella sala del teatro – The little Opera – di Kiev nell’ottobre del 2021. Il presidente Zelensky ancora una volta “attore protagonista nel doc-film” ma corruttore nella realtà. La proiezione non c’è mai stata, annullata all’ultimo minuto, il film non deve essere visto.

Offshore 95: i misteri degli affari del presidente ucraino Zelensky

Sono attivi i sottotitoli in italiano

 

Il doc-film muove gravi accuse di corruzione nei confronti di Zelensky e molti altri personaggi, tra cui alcuni molto considerati anche pericolosi.

Tutto nasce da un grande lavoro di investigazione giornalistica realizzato dal Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi denominato “Pandora Papers”.

600 giornalisti, 155 testate di 117 Paesi hanno prodotto 2,94 terabyte di dati contenenti 11,9 milioni di file provenienti da 14 fornitori di servizi offshore.

Ci sono i nomi di centinaia di politici e anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il suo consigliere Sergei Shefir e l’oligarca Ihor Kolomoisky.

Il materiale è tantissimo ecco una sintesi.

Il presidente ucraino Zelensky e i suoi soci della casa di produzione di commedie Kvartal 95 possedevano una rete di società offshore nei paradisi fiscali delle Isole Vergini Britanniche, Cipro e Belize. Shefir, e anche il capo del servizio di sicurezza del Paese, ne faceva parte.

Cosa hanno fatto, come si muoveva queste società? Prioritariamente per l’acquisto di costosi immobili a Londra.

Nel 2019, durante la campagna elettorale Zelensky cede le sue azioni ad un’altra società facente capo a Shefir, la Maltex, ma i flussi di danaro verso Zelensky e famiglia non cessano, come i proventi dalla Film Heritage prima di Zelenskiy poi governata da Olena Zelenska, moglie del presidente ucraino.

Come indicato da alcuni documenti, circa 40 milioni di dollari, sono transitati, attraverso la filiale cipriota di Privatbank, allora di proprietà dell’oligarca Kolomoisky, come contributo di capitale in modo poco trasparente.

Il reporter della Reuters Josh Cohen scrive: “Kolomoisky ha finanziato una trentina di formazioni paramilitari in tutta l’Ucraina, di cui alcune accusate da Amnesty International di aver compiuto crimini di guerra, sparizioni, torture nell’Est del Paese.

Prima delle elezioni presidenziali in Ucraina, Zelensky e sua moglie possedevano il 25% della Maltex Multicapital Corp, che commercializza la produzione dello studio Kvartal 95. I documenti contenuti nei Pandora Papers indicano che tre settimane prima delle elezioni, Zelensky ha ceduto la sua quota a Sergei Shefir, suo fratello, Boris Shefir, e Andrei Yakovlev, lo sceneggiatore di Kvartal 95. Ma i documenti di Pandora Papers rivelano che Maltex Multicapital Corp continuava a pagare i dividendi a Zelensky.

Sempre dai documenti dell’inchiesta, emerge un altro personaggio, allora capo dell’SBU Ivan Bakanov, si è servito di un paradiso fiscale per nascondere gli affari della sua società Davegra Limited, registrata in Belize. Questa società risulta essere proprietaria della Maltex Multicapital Corp, ma i documenti contenuti nei Pandora Papers dimostrano che si tratta di un “trucco” per nascondere i veri proprietari: Zelensky, sua moglie e i suoi soci in affari.

Sempre la società Maltex Multicapital Corp gestisce gli appartamenti acquistati a Londra.

La filiale cipriota di Privatbank è stata usata da Kolomoiski per riciclare milioni di dollari. Ma Maltex Multicapital Corp non sembra essere stata l’unica società coinvolta nello schema. I documenti rivelati menzionano anche la società offshore Candlewood Investment Limited, anch’essa legata all’entourage di Zelensky e Kolomoiski, e attraverso la quale sarebbero passati altri 10 milioni di dollari legati a Privatbank.

Reuters 2015, Josh Cohen scrive, rivelando al mondo per la prima volta i rapporti tra Kolomoisky e le formazioni paramilitari ucraine:

“A marzo, membri dell’esercito privato sostenuto dal magnate Igor Kolomoisky si sono presentati alla sede della compagnia petrolifera statale, UkrTransNafta. Lo stallo è avvenuto dopo che Kiev ha licenziato l’amministratore delegato della società – un alleato di Kolomoisky. Kolomoisky ha detto che stava cercando di proteggere la compagnia da un’acquisizione illegale. Più di 30 di questi battaglioni privati, composti principalmente da soldati volontari, esistono in tutta l’Ucraina. Anche se tutti sono stati portati sotto l’autorità dell’esercito o della Guardia Nazionale, il governo post-Maidan sta ancora lottando per controllarli. L’esercito dell’Ucraina è così debole che dopo che la Federazione Russa ha preso la Crimea, i separatisti sponsorizzati dalla Russia sono stati in grado di prendere il controllo di ampie zone dell’Ucraina orientale. I battaglioni privati, finanziati in parte dagli oligarchi ucraini, sono entrati in questo vuoto e hanno giocato un ruolo chiave nel fermare l’avanzata dei separatisti. Molti di questi gruppi paramilitari sono accusati di abusare dei cittadini che sono incaricati di proteggere. Amnesty International ha riferito che il battaglione Aidar – anch’esso parzialmente finanziato da Kolomoisky – ha commesso crimini di guerra, tra cui rapimenti illegali, detenzioni illegali, rapine, estorsioni e persino possibili esecuzioni. Molti degli oligarchi hanno accumulato grandi ricchezze usando le loro connessioni politiche per acquistare beni governativi a prezzi stracciati, dirottare i profitti dalle aziende statali e corrompere i funzionari ucraini per ottenere contratti statali. Quando i manifestanti di Maidan hanno rovesciato l’ex presidente Viktor Yanukovich, hanno chiesto al nuovo governo di porre un freno all’abuso di potere degli oligarchi. Invece, molti sono diventati ancora più potenti: Kiev ha dato a Kolomoisky e al magnate minerario Serhiy Taruta posti di governatore in importanti regioni orientali dell’Ucraina, per esempio. Altri battaglioni privati pro-Kiev hanno affamato i civili come forma di guerra, impedendo ai convogli di aiuti di raggiungere le zone controllate dai separatisti nell’Ucraina orientale, secondo il rapporto di Amnesty. Alcuni dei battaglioni privati ucraini hanno infangato la reputazione internazionale del Paese con le loro idee estremiste. Il battaglione Azov, parzialmente finanziato da Taruta e Kolomoisky, usa il simbolo nazista Wolfsangel come logo, e molti dei suoi membri sposano apertamente opinioni neonaziste e antisemite. I membri del battaglione hanno parlato di ‘portare la guerra a Kiev’ e hanno detto che l’Ucraina ha bisogno di ‘un forte dittatore che vada al potere e che possa spargere molto sangue, ma che unisca la nazione nel processo’”.

Sono trascorsi pochi mesi dall’ottobre 2021 e pochi giorni fa, Zelensky ha dato inizio ad una profonda operazione di epurazione colpendo i suoi più stretti collaboratori come il vecchio amico Bakanov e la procuratrice Venediktova accusati di collaborazionismo.

L’allontanamento di Bakanov e Venediktova arriva pochi giorni dopo che a Kiev è stato reso noto che il capo del Servizio investigativo Oleksy Sukhachov alla fine di febbraio, aveva ordinato di distruggere una serie di documenti di processi penali riguardanti, tra gli altri, Poroshenko, Medvedchuk e l’ex presidente Victor Yanukovich. Gli eventi bellici di oggi si sovrappongono e si intrecciano con le storie del passato, dove gli attori sono gli stessi. Il teatro è lo stesso come il solito copione delle lotte interne di potere che hanno da sempre caratterizzato l’Ucraina. La guerra politica tra gli oligarchi sembra essere stata sospesa con l’inizio del conflitto dal 24 febbraio ma la verità non si può nascondere in eterno.

La guerra continua e giorno dopo giorno, dai milioni di documenti sarà fatta chiarezza su altri atti di corruzione nella speranza di sciogliere anche alcuni misteri come la scomparsa dell’oligarca, molto amico di Zelensky Igor Kolomoisky di cui si sono perse le traccie nel marzo 2022.

Nel frattempo, pochi giorni fa viene diffusa una lista di 10 cittadini ucraini, incluso Kolomoisky, Gennady Korban, capo della Forza di Difesa Territoriale dell’Oblast’ di Dnipropetrovsk e un tempo alleato dell’oligarca, e Vadym Rabinovich, leader del partito politico filorusso, sono state private della cittadinanza, secondo un documento pubblicato dall’emittente The New Voice of Ukraine.

 

Proseguimento con audio video del docu film con  sottotitoli in italiano:

 
 
Breve commento.
 
La recente notizia che la  villa di Zelinsky a Forte dei Marmi   è affittata a ricconi russi è solo la punta di un iceberg,  in quanto è risaputo ( per chi non segue la propaganda di TV e giornaloni occidentali )  che tutta l’Ucraina è un pozzo di corruzione senza fondo, vedasi anche il  molto significativo punto a seguire.
 
 
 
2. “Corruzione, finanziamenti sprecati e armi: i lati oscuri dell’Ucraina”, di F. Giuliani per  Inside Over, 22 maggio 2022
 

L’Ucraina ha ricevuto dall’Occidente aiuti militari nell’ordine di decine e decine di miliardi di dollari. Tutto è iniziato con l’invio di armi difensive che avrebbero dovuto consentire a Kiev di respingere l’iniziale assalto russo, scongiurare la caduta della capitale, la defenestrazione del governo guidato da Volodymyr Zelensky e, in poche parole, la conquista dell’intero Paese. Nell’arco di qualche settimana, grazie alle preziose informazioni raccolte dalle varie intelligence occidentali e poi condivise con l’esercito ucraino, l’inerzia della guerra è però progressivamente cambiato.

Le forze del Cremlino non sono più riuscite ad avanzare, e Mosca – che secondo qualcuno aveva assediato Kiev soltanto come diversivo – è stata costretta a riposizionare i suoi uomini, spostandoli dal quadrante settentrionale dell’Ucraina a quello orientale (leggi: Donbass). Nel frattempo, tolta la battaglia di Mariupol terminata con una vittoria, anche l’avanzata russa lungo la fascia costiera si è arenata di fronte alla roccaforte Odessa. In altre parole, i missili Stinger, gli anti carro Javelin, gli obici e tutti gli altri armamenti ricevuti dal blocco occidentale hanno consentito all’Ucraina di rovinare i piani rivali. Il conflitto, intanto, è ancora in corso, e si segnalano feroci combattimenti proprio nel Donbass, l’area che a questo punto i russi intendono fagocitare nella sua interezza.

Fatta questa lunga e doverosa premessa, è adesso fondamentale fare un paio di considerazioni tenendo presente che l’Ucraina, già prima dello scoppio della guerra, doveva fare i conti con problemi interni piuttosto delicati. Tra la corruzione dilagante, lo sperpero di ingenti finanziamenti ricevuti dal Fondo Monetario Internazionale finiti chissà come e chissa dove, e il fardello di esser considerata uno dei principali hub dedicati al mercato nero delle armi, è quanto mai necessario monitorare la situazione, onde evitare che le suddette criticità possano ulteriormente acuirsi, danneggiando il presente e il futuro di Kiev. E non soltanto il suo.

Black market

Il Washington Post ha pubblicato un articolo emblematico. La tesi del pezzo è tanto semplice quanto preoccupante: le vaghe assicurazioni fornite dagli Stati Uniti in merito al corretto utilizzo delle armi spedite a Kiev suscitano enormi timori per la possibile perdita di quelle stesse armi. Le quali potrebbero finire al un centro del traffico di armi, un mercato che a queste latitudini non è solo fiorente ma anche piuttosto ricco.

Alcuni media hanno quindi iniziato farsi un po’ di domande. Considerando che gli Stati Uniti aumenteranno il flusso di missili, razzi e droni diretti verso l’Ucraina, bisognerebbe interrogarsi sulle capacità di Washington di tracciare le sempre più potenti armi spedite a Zelensky. Anche perché, come detto, questi armamenti finiscono in un Paese attraversato da un fiorente black market di armi e, per di più, adesso dilaniato dalla guerra.

In generale il mercato illegale di armi in Ucraina è cresciuto a dismisura in seguito all’invasione della Russia nel 2014, spinto da un’eccedenza di armi e da scarsi controlli sul loro utilizzo. Quali sono i pericoli? L’afflusso senza precedenti di armamenti fa impennare il rischio che una buona parte degli stessi possa cadere nelle mani degli avversari dell’Occidente o, peggio ancora, riemergere in conflitti lontani per i prossimi anni a venire. Un portavoce del Dipartimento di Stato Usa ha affermato che gli Stati Uniti hanno condotto un controllo approfondito delle unità ucraine che riforniscono e costretto Kiev a firmare accordi che “non consentono il ritrasferimento di apparecchiature a terzi senza previa autorizzazione del governo degli Stati Uniti”. Ma i dubbi restano comunque in piedi.



Il futuro delle armi

Rachel Stohl, esperta di controllo degli armamenti e vicepresidente dello Stimson Center, ha spiegato che è pressoché impossibile tracciare non solo di dove sono dirette le armi e chi le sta usando, ma anche come queste vengono impiegate. Sappiamo, ad esempio, che in Ucraina stanno operando combattenti stranieri (siriani, ceceni e mercenari del gruppo Wagner); ebbene, esiste la concreta possibilità che le armi confluite in massa all’esercito regolare di Kiev possano finire nelle loro mani e quindi, una volta terminato il conflitto, sparire nei Paesi d’origine di quei militari. Il punto è che non stiamo parlando di fucili di precisione o pistole, visto che i missili Stinger a spalla, giusto per intenderci, sono in grado di abbattere aerei di linea commerciali e risultano particolarmente ambiti dai gruppi terroristici.

Ma come ha fatto l’Ucraina a trasformarsi in un hub per il traffico di armi? Bisogna tornare indietro nel tempo alla caduta dell’Unione Sovietica. All’epoca – siamo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 – l’esercito sovietico si ritirò dal territorio ucraino lasciando in loco enormi quantità di armi leggere. Secondo quanto ricostruito dallo Small Arms Survey, un’organizzazione di ricerca con sede a Ginevra, una parte delle 7,1 milioni di armi leggere dell’esercito ucraino nel 1992 “sono state dirottate verso aree di conflitto” con “il rischio di fuoriuscite nel mercato nero locale”.

Il problema, come detto, si è aggravato dopo l’invasione della Russia del 2014. I combattenti irregolari di entrambe le parti hanno progressivamente ottenuto l’accesso a un’ampia gamma di equipaggiamenti di livello militare, compreso l’intero spettro di armi leggere e di piccolo calibro”, ha spiegato ancora lo Small Arms Survey in un rapporto del 2017. In quell’occasione furono saccheggiati depositi di munuzioni dei ministeri dell’Interno, dei Servizi di Sicurezza e pure della Difesa. È stato stimato che almeno 300.000 armi leggere e di piccolo calibro siano state saccheggiate o andate perdute nel periodo compreso tra il 2013 e il 2015. Tutto questo ha fornito una grande spinta al mercato nero locale, gestito da gruppi di stampo mafioso e da altre reti criminali, localizzato per lo più nella regione del Donbas.



Corruzione e finanziamenti al vento

Assieme all’invio di armi è dunque di vitale importanza che sussistano adeguate garanzie di monitoraggio e controllo degli strumenti bellici. Ma non è finita qui, perché l’Ucraina soffre di un altro male atavico che la guerra potrebbe a sua volta peggiorare. Stiamo parlando della corruzione, un fenomeno che da queste parti è presente – ancora una volta – dal crollo dell’Urss. Quando nel 1991 l’economia statale evaporò come neve al sole, le imprese statali furono privatizzate sulla base di un principio che Foreign Policy ha così sintetizzato: “Primo arrivato, primo servito”.

In mezzo ad un’illegalità dilagante, ha preso forma l’oligarchia nazionale che, per anni, ha plasmato settori economici del Paese danneggiando ogni possibile processo di democratizzazione. Negli anni ’90 potenti uomini d’affari hanno preso il controllo di settori chiave dell’economia, come quella relativa all’estrazione di risorse minerarie e all’energia. Decenni dopo gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno più volte chiesto a Kiev di attuare riforme efficaci per combattere la corruzione. Washington e Bruxelles hanno addirittura legato significativi aiuti finanziari e militari (in chiave anti russa dopo il 2014) proprio alla lotta alla corruzione del Paese.

Nel 2015 il Fondo Monetario Internazionale ha approvato un prestito quadriennale dal valore di 17,5 miliardi di dollari da destinare all’Ucraina. Questi soldi avrebbero dovuto risollevare l’economia nazionale, affossata dal conflitto con la Russia, ma in due anni gran parte dei denari – pare circa la metà – è misteriosamente sparita dai radar. Nel 2018 lo stesso Fondo Monetario Internazionale ha concordato un nuovo programma di prestiti, questa volta pari a 3,9 miliardi di dollari, mentre in tempi più recenti, lo scorso marzo, l’FMI ha approvato un pacchetto di aiuti urgenti all’Ucraina per 1,4 miliardi di dollari.

La speranza, ovviamente, è che questi soldi aiutino davvero Kiev a ripartire. Ma la corruzione continua ad essere una grave piaga. La stessa che qualche anno fa ha persino spinto Joe Biden a minacciare l’Ucraina di togliere le sanzioni alla Russia se gli ucraini non avessero risolto il loro problema con la corruzione. Le ultime rilevazioni non sono tuttavia particolarmente incoraggianti. Stando alla classifica stilata da Transparency International, nel 2021 l’Ucraina ha ottenuto 32 punti su 100 possibili nell’indice di percezione della corruzione, piazzandosi al 122esimo posto su 180 Paesi. Meglio della Russia (136esima), ma ancora troppo in basso per poter davvero voltare pagina.

 
Riferimento:
 
 
Breve commento finale
 
Insomma, i vertici dello stato dell’Ucraina, Zelensky in primis, sono marci corrotti fino al midollo e  si stanno arricchendo anche  con la guerra in corso, oups, ma che strana coincidenza…..!!