Nella spiegazione del vangelo di oggi il nostro don Romeo (visto anche qui) ha fatto una affermazione che mi ha colpito molto e che condivido al 100%.
Partendo dalla spiegazione del concetto di “gloria” (“manifestazione della Gloria di Dio“, non mi addentro perchè si potrà trovare nella sua Lettera online), fa un excursus su Maslow e la piramide dei bisogni che tutti più o meno conosciamo.
Oltre ai bisogni noti, introduce il bisogno più alto, che Maslow stesso avrebbe aggiunto, in cima alla piramide, avanti con gli anni: il bisogno di “auto-trascendenza”, importante perchè dà significato al nostro essere qui, in questo mondo; ci aiuta a capire cosa ci facciamo qui; e perchè.
Così, dalla psicologia si passa alla spiritualità, con la ricerca di una risposta fuori di noi, che anela all’Oltre ed all’Altro e, citando Frank, anche lui psicologo e sopravvissuto ai campi di concentramento, osserva che “… non sono le circostanze, non è tanto quello che ci capita che ci fa soffrire, ma la mancanza di comprensione, la mancanza di significato!”
Certo: se ti dai una martellata su un dito, o se ti rompi una gamba sciando, il male c’è, e si fa sentire: ma si sa il motivo alla base di questo dolore, e questo lo rende meglio sopportabile. Provate ad immaginare di avere tutto ad un tratto un forte dolore, inspiegabile: il senso di smarrimento ed il panico per l’ignoto farebbe sicuramente molto peggio!
Credo questo valga in ogni ambito:
- nelle situazioni di cosiddetta malattia: se provi a dare significato – soprattutto grazie alle conoscenze della Nuova Medicina di Hamer – vedi che tutto rientra in un disegno biologico finalizzato al nostro benessere, e magari accetti anche il momentaneo dolore e sopporti meglio;
- nei rapporti umani: quella data persona ha un comportamento odioso in particolari situazioni; ma se – dando significato – capisci che è a sua volta vittima di esperenze subite, magari sei più disposto a sopportare e a comprendere;
- anche pensando alle ingiustizie che vediamo nel mondo: per quanto possa risultare ostico, possiamo dare un significato provando a capire che è necessario che le cose vadano così, perchè attraverso le conseguenze, inevitabili, delle nostre azioni, nel bene e nel male, possiamo sperimentare l’urgenza di direzionare verso il bene ogni nostra scelta quotidiana.
Pertanto, dare significato a quello che ci capita può completamente rivoltare la nostra percezione degli eventi che ci capitano e quindi, soprattutto, trasformare le conseguenze che tali eventi hanno su di noi.
Perchè, come dice Jim Carrey: “Life doesn’t happen TO you it happens FOR you – la vita non capita A voi, capita PER voi”.
Il buon Maslow, volendo fare un discorso verificabile attenendosi alle evidenze sperimentali, pone in cima alla piramide il desiderio di autorealizzazione.
In realtà, gli studi sulla felicità e il suo legame con i bene relazionali inficiano il concetto stesso di auto-realizzazione.
La realizzazione sta fuori dall’io.
Se poi non si chiudono le porte alla trascendenza, emerge subito il fatto che il bisogno di trascendenza sia innato ed è ovvio che sia così: “a immagine di Dio lo creò” e poi “non è bene che l’uomo sia solo”.
Diciamo che il bisogno di realizzazione trova la sua strada maestra nella relazione con Dio.
Il vecchio catechismo diceva che Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo.
Penso ai pastorelli di Fatima: di fronte alla Madonna Lucia vedeva, ascoltava e interrogava (conoscere) Francesco vedeva solo e voleva consolare Gesù (amare) Giacinta vedeva e ascoltava e offriva sacrifici per la salvezza dei peccatori (servire).
Oggi sono tutti e tre realizzati e molto felici.
“Diciamo che il bisogno di realizzazione trova la sua strada maestra nella relazione con Dio”.
Applausi.