Parlando con il figlio minore di durata media della vita nelle varie epoche storiche, veniva in mente che il termine “valore medio di durata della vita” ha un significato parziale. Eh sì, perchè se in certe epoche storiche la mortalità infabtile era bassa, la durata media della vita relativa a quelle epoche era evidentemente bassa; ma per chi, anche in quelle epoche, avesse superato l’infanzia indenne, le prospettive di durata di vita avrebbero potuto essere comunque molto lunghe.

Esiste quindi il concetto di “aspettativa media di vita che uno può avere differente a differenti età. Ad esempio, alla nascita l’aspettativa media di vita, che considera anche i casi di mortalità infantile, può essere inferiore a quella che uno può avere a 20 anni, quando avrebbe, in quest’ottica, superato indenne una “fase critica“, se così si può dire.

Chiedo quindi provocatoriamente:Qual è il periodo più a rischio nell’intera esistenza di una persona, quello cioè che si ha la minore probabilità di superare?”
Chi frequenta queste pagine lo sa già: i nove mesi nella pancia della mamma. Se, come sembra, nei paesi industrializzati il numero di aborti è la metà del numero delle nascite, significa che un bambino nella pancia della mamma ha un terzo di possibilità di essere rifiutato ed ucciso. Quelli che “ce la fanno“, per così dire, sono due terzi, il 66%.

Lodevoli quindi le iniziative di chi, in ogni modo in ogni forma, cerca di limitare questa strage di innocenti che squalifica la nostra società che si vorrebbe definire “civile“, “superiore“, “avanzata“. E ben vengano le testimonianze come quella che riporto qui sotto, dove testardi antiabortisti riescono, con il loro coraggio (=cuore che porta all’azione) e con l’aiuto di Dio, a salvare bambini, per la gioia dei loro genitori.