E quando miro in cielo arder le stelle,
dico fra me pensando:
a che tante facelle?
Che fa l’aria infinita, e quel profondo
infinito seren? Che vuol dir questa
solitudine immensa? Ed io che sono?
(Giacomo Leopardi)
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Quando si sono soddisfatti i bisogni primari della scala di Maslov (soprvvivenza, nutrizione, sicurezza, ecc.), capita, è capitato, capiterà ancora, e sempre, che l’Uomo si guardi intorno, guardi le stelle, scruti l’orizzonte, e si cominci a fare le domande esistenziali: chi sono? Da dove vengo? dove vado? Qual è lo scopo di tutto? C’è una Intelligenza? Un Creatore? Un Ordinatore del mondo? O siamo soltanto esseri che dal nulla vengono a al nulla ritorneranno?
In questi viaggi della mente l’incontro-scontro con l’infinito, sia nello spazio che nel tempo, rivela la inadeguatezza del nostro pensiero logico-razionale, da una parte, e la necessità in una trascendenza, di un Essere Totalmente Altro, Trascendenza pura, Assoluto (ab-solutus, staccato completamente e non sottostante alle regole di questo universo). Nello spazio: la mente non riesce a concepire nè un universo finito (“se arrivo ai confini e guardo oltre, cosa c’è di là?”), ma neanche un universo infinito: che significa “infinito“? Per quanto si può percorrere? Nel tempo: non può esistere “da sempre“, sia per una incapacità di comprensione di questa eternità, ma anche perchè le differenze di temperature e la distribuzione non omogenea della radiazione cosmica di fondo sarebbero incompatibili con una durata eterna che porta al totale equlibrio e alla totale uniformità, in accordanza al secondi principio della termodinamica; di contro, se ipotizziamo che tutto questo universo abbia avuto un inizio da un certo momento in poi, ci sarebbe da chiedersi come avrebbe fatto il nulla a produrre qualcosa? Il nulla, per definizione, non può che produrre nulla.
Comunque la si voglia mettere, la mente umana deve ammettere di non avere i mezzi, e di non poter spiegare, con la propria logica e le proprie osservazioni sperimentali e scientifiche, nessuno dei paradossi sopra citati. A questo punto le strade si dividono: c’è chi dice: “Siccome tutto ciò che vedo, sperimento, misuro, non mi dà alcun elemento utile a darmi una spiegazione sensata, razionale, deve per forza esistere un Creatore, un Dio, un Iniziatore del tutto per giustificare questo Universo e questo Mondo“. Questa posizione è però avversata da scienziati atei e materialisti che ritengono che tutto ciò che non sia testabile, misurabile, riproducibile, non sia Scienza. E quindi bollano coma antiscientifica ogni ipotesi che provi anche soltanto a dare una spiegazione uscendo dall’ambito che loro ritengono “scientifico“.
Pensavo queste cose qualche settimana fa, quando sono stato ad ascoltare una testimonianza di un astrofisico italiano, Alberto Conti invitato dalla Fondazione Caripadova a parlare della sua esperienza in America, dove sta collaborando ad un progetto di costruzione di un nuovo telescopio che sarà lanciato nello spazio fra qualche anno. Un progetto di svariati miliardi di dollari (dei contribuenti, ovviamente), finalizzato a scrutare meglio le profondità sconosciute dello spazio remoto, un titolo accattivante (“L’umano a confronto con l’infinito”), per una presentazione molto deludente: la classica posizione materialista, atea, riduzionista, da “scienziato” che ha messo tutto il suo cuore e il suo cervello nella “Scienza“, e non riesce a vedere spiragli di trasendente neanche scrutando nelle immensità remote.
Che se avesse guardato meglio, forse, avrebbe scoperto cose che sono già note da alcuni anni alla comunità degli astronomi, e cioè che la CMB , Cosmic Microwave Background, la radiazione cosmica di fondo, non è è omogenea, ma è allineata secondo due assi, che formano una immensa X nello spazio, assi che si incrociano, guarda caso, proprio in corrispondenza della Terra; avrebbe notato che la disposizione dei quasar e delle galassie non è randomica, ma segue un ordine con il sistema solare al centro; e dove esiste un ordine deve esistere un Ordinatore, il caso non fa ordine; e magari queste informazioni, di dominio pubblico, avrebbero risvegliato quell’anelito di eternità che non può che derivarci, per nostalgìa, dall’Eterno che ci ha fatto, dando un senso molto superiore a tutta questa attività.
Peccato. Ma non si può fargliene una colpa se anche la Chiesa, al planetario di Padova, mostra un cartone animato documentario che sostiene il processo di generazione spontanea e di creazione di vita dalla non-vita come se fosse la cosa più naturale del mondo (oltretutto nel corso di una presentazione, presente anche il vescovo di Padova, in cui il tema non era l’evoluzionismo: “infilato” senza una vera motivazione specifica). Quella che per un uomo di scienza può essere anche una posizione comprensibile, quando la senti provenire da un ambito religioso ti ritornano in mente le parole di Gesù: “Se anche il sale perderà il suo sapore, a cosa servirà? A nulla serve, se non ad essere gettato e calpestato“.
Per la legge di Keplero
tradimento piace al clero
La contemplazione del cielo stellato nel corso dei secoli non ha impressionato soltanto artisti e poeti del calibro di Leopardi, ma chiunque e anche profeti e religiosi redattori delle Scritture.
Persino un politico come Giuseppe Mazzini, credo ingiustramente accusato di satanismo, ha pronunciato osservazioni del tipo “come negare la creazione di Dio di fronte alla spettacolare bellezza del firmamento?”