denaro-mondo

L’elemento più diffuso sulla terra, l’acqua, è composto da Idrogeno e Ossigeno, che, opportunamente combinati, possono dare origine ad un’esplosione devastante.

L’utilizzo del denaro come mezzo di scambio (e di misura assoluta di tutte le cose, che si “apprezzano” a seconda di quanto costano, e non il contrario), unitamente ad una globalizzazione sempre più spinta, e della conseguente s-personalizzazione dei rapporti, insieme, queste due cose, possono dare origine ad un processo distruttivo inarrestabile.

Come posso sostenere questo?

Lo spiego con un piccolo esempio, non prima di aver ricordato come la crisi finanziaria del 2008 (fallimento della Lehman Brothers, crisi dei mutui subprime) ci abbia aperto gli occhi sulle deleterie conseguenze di questo mix. Come ben spiegato nel documentario “The inside job“, e in parte anche ripreso da molti altri film sull’argomento, in particolare “Wall Street” ma soprattutto “The big short (La grande scommessa)“, la spersonalizzazione dei rapporti, resa possibile dall’aver preso il denaro come riferimento universale, unitamente all’allontanamento delle conseguenze delle proprie azioni (su scala globale non esiste più un effetto visibile, concreto di quello che faccio) sono stati i due ingredienti senza i quali il disastro non sarebbe potuto succedere.

In particolare nel documentario commentato da Matt Demon, The inside job, viene ricordato come nel modello tradizionale di banca di villaggio, dove il direttore rimette in circolo il denaro ottenuto dai cittadini che hanno depositato lì i loro risparmi (e che lui conosce personalmente), mai e poi mai questi risparmi li darebbe allo sbandato, all’ubriacone del paese, che li dilapiderebbe senza pensarci due volte. Anche perchè nel villaggio esiste una forma di controllo reciproco derivante dalla conoscenza, e questo impedisce comportamenti contrari al bene della comunità. Ma se invece siamo su scala globale, dove il denaro è una pura entità nominale presente su un computer, non derivante dal lavoro, fatica e risparmio di chicchessia? E dove creare prestiti a cittadini “NINJA” (No Income, No Job or Asset, cioè senza lavoro, senza rendite o beni stabili) non è un problema, perchè tanto non sto “dando” i soldi di qualcuno che conosco, anzi, mi permette di creare denaro dal nulla, perchè non farlo? E generare quindi grandi commissioni per i vertici degli istituti finanziari, perchè no?

Questo è il particolare che non è bene messo in evidenza nel film “La grande Scommessa“: lo spettatore non formato sul signoraggio potrebbe non capire il motivo dell’elargizione di prestiti così facili “a cani e porci“. E questo è il motivo per cui, all’inizio del secolo scorso, in Svezia si erano inventati le “Steeple banks”, le banche del campanile, per la condizione di essere soci o clienti: dalla tua casa si diveva vedere il campanile del paese, pena l’esclusione dal circolo. Un modo un po’ brutale ma certamente efficace per garantire la permanenza delle risorse, economiche ma non solo, all’interno di una comunità che prospera solo se coesa e partecipata.

Adesso l’esempio.

  1. In una città si prospetta l’ipotesi di effettuare un’importante opera immobiliare. Tanti possono partecipare all’opera, prestando del denaro, ed avendone un ritorno, percentuale, in base a quanto versato. L’impresa si presenta bene, con numeri buoni, e chi raccoglie le adesioni all’investimento promette una cedola annua del 10% per 20 anni. La raccolta può avvenire, ovviamente, anche altrove, ed infatti la maggior parte dei sottoscrittori sta da tutt’altra parte rispetto al luogo in cui questa impresa viene realizzata. Se questa opera portasse, ad esempio, inquinamento, degrado, decadimento, pur mantenendo la redditività promessa, agli investitori importerebbe qualcosa? Un investimento garantito al 10% annuo, chi non lo vorrebbe?
  2. Adesso immaginate la stessa situazione, ma in assenza di denaro. I partecipanti all’impresa possono essere solo gli abitanti locali del villaggio che “investono” parte del loro tempo, della loro disponibilità, magari lavorando direttamente, magari contribuendo ai pasti di chi ci lavora, magari ospitando i lavoratori, ed in cambio ne hanno una quota parte dell’opera realizzata. Non interesserebbe a questa seconda tipologia di investitori quello che tale investimento produrrebbe? Un parco giochi, un centro di ritrovo, un complesso sportivo, un centro culturale avrebbero un “ritorno” sulle loro vite molto diverso da un complesso chimico che magari inquinerebbe l’aria e l’acqua di quel posto, no?

Nel primo caso, il denaro e la distanza rendono possibili quel distacco necessari a disinteressarsi del merito di cosa si fa, di cosa si costruisce con quel denaro: contano solo i numeri. Nel secondo caso il ritorno è misurato sulla qualità della vita delle persone che lavorano a quell’opera e che vivranno, in seguito, nei pressi di quell’opera.

Per questo sono contrario alla globalizzazione: s-personalizza e rende in qualche maniera “insensibili” alle vicende degli altri, che, lontani e sconosciuti, possono anche patire e soffrire per le nostre scelte di vita, ma noi riusciamo a non farci toccare più di tanto. Forse anche per questo il costante messaggio di Gesù, come ho ricordato nel libro Coincidenze, è stato sempre rivolto al prossimo: quello che hai davanti, che puoi vedere, toccare, annusare.

La soluzione non è, come a volte siamo tentati di pensare, una rivoluzione del sistema capitalistico, una riforma legislativa che riporti ad una moneta sovrana: l’arrivo di un cavaliere bianco che ci tolga le castagne dal fuoco non risolverebbe niente. Siamo noi che, una volta inquadrato il problema, possiamo mettere in atto la soluzione nel nostro piccolo, disinnescando il potere del denaro, cominciando a fare le cose gratis, per gli altri, in comune, svincolati una buona volta dalla logica dell’accumulo e del ritorno personale. Gli esempi non mancano!

Perchè, vale la pena ripeterlo, il bene o è comune e condiviso, o non è. Punto. Non si esce da questa logica: il mors tua vita mea, o l’altro famoso homo homini lupus di Hobbes sono le più grandi bugie che ci sono mai state raccontate.

O prosperiamo insieme, o periremo da soli. Tertium non datur.

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Riprendo anche il video di Folco Terzani, già pubblicato qualche tempo fa, in cui diceva, in maniera un po’ naif ma sicuramente molto convincente, che il denaro è la causa di tutti i mali: se non fosse per il denaro, chi vorrebbe accumulare quantità di beni che non potrà mai consumare, anche perchè magari andrebbero a male?