Cielo e terra

Non so se ve ne siete accorti, ma un paio di siti storici della controinformazione, Stampalibera e comedonchisciotte hanno chiuso i battenti. I motivi contingenti possono essere diversi ma di fondo credo di intravvedere un pochino lo stesso senso di delusione: a fronte di grande impegno nella raccolta di informazioni e nella loro pubblicazione, e con anche migliaia e migliaia di pagine viste giornalmente (decine di migliaia al giorno, a dire la verità), rimane un po’ di senso di amarezza nel constatare che all’impegno non corrisponde un risultato all’altezza delle aspettative.

Forse

  • le aspettative erano troppo alte,
  • forse non si trova nessuno che dia una mano,
  • forse si è stufi di “rivoluzionari da tastiera” che si limitano a leggere e condividere o a mettere un “Mi piace” ma poi non muovono un dito,
  • forse si è stufi di controbattere ai troll che vengono a rompere,
  • forse la schiacciante predominanza di Facebook, con un modello di consumo delle informazioni molto più “usa e getta” tipo fast-food, solo immagini e niente introspezione,

forse un po’ un mix di tutto questo, sta di fatto che si sono stufati. Dando così ragione a chi non ritiene internet un pericolo particolarmente preoccupante.

E siccome un altro dei miei blogger preferiti, Carlo Brevi, quel Santaruina che citato sia su “Ingannati” che su “Coincidenze” ha fatto una interessante osservazione sul suo impegno nel blog, la copio e la riporto così com’è.

Aggiungendo una mia considerazione: che tutto ciò che non comporta sacrifici, anche piccoli, difficilmente produrrà qualcosa di efficace. Se non siamo disposti a rinunciare a nulla, o a metterci del nostro, o a pagare di persona per le scelte che facciamo, difficilmente saremo credibili e riusciremo a combinare qualcosa.

 

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Una volta avevo un blog.
Ce l’ho ancora, solo che non lo aggiorno con la frequenza di un tempo.
I motivi per cui non scrivo più come una volta sono diversi: il rischio di ripetersi, la sovrabbondanza di informazioni attualmente presente nella rete, una tendenza sensazionalistica che accompagna immancabilmente i temi complessi di cui il blog si occupava, la progressiva e inevitabile perdita di entusiasmo che si verifica col tempo.
Ma il motivo principale, quello che mi ha indotto a centellinare i miei interventi è un altro, e si tratta di una domanda che mi è stata posta diverse volte.
Una sola, semplice domanda, due parole in croce: “e quindi?”.
Ho sempre accettato le critiche e lo scetticismo su quanto scrivevo con tranquillità, ma quando a seguito di qualche lungo articolo mi venne posta quella domanda, confesso che non seppi rispondere.

“Bene, hai scoperto che il mondo è retto da psicopatici, hai scoperto che i media e i governi ci prendono per il culo da mattina a sera, hai scoperto che viviamo in un sistema che ci tiene schiavi dandoci una parvenza illusoria di libertà… e quindi? Ora che sai tutto questo, cosa hai intenzione di fare? Cosa proponi? “

La mia prima reazione fu istintiva: “Beh, io ho solo messo in evidenza degli aspetti su cui la maggior parte delle persone non si sofferma abitualmente… qualcuno magari non era al corrente di certi fatti, di certi meccanismi. Ho solo voluto trasmettere quanto sono venuto a conoscenza.
Non sono qui per dare soluzioni, non ne ho.”

Era una risposta che non convinceva nemmeno me.
Che senso poteva avere conoscere, approfondire, comunicare, se poi si rimaneva immobili?
Continuo a pensare, e di questo sono convinto, che sta ad ognuno di noi decidere cosa farsene delle conoscenze di cui viene a contatto, e che non sia compito di nessuno in particolare offrire delle soluzioni pronte.

Se ho smesso di scrivere è perché io non avevo delle soluzioni, per me, non per gli altri.
Mi sono chiesto io per primo cosa ne facevo di questa presunta “conoscenza” (che poi era conoscenza vera?

Il vero sapere consiste nel sapere cosa succede dentro di noi, non fuori di noi).