L’attore padovano Riccardo Benetti, Compagnia Initinere, ha organizzato un concorso di scrittura in cui bisognava scrivere un breve pezzo, in varie forme (lettera, descrizione, racconto in forma autobiografica o meno, ecc.) in merito a qualche “eroe nascosto” (lui li ha chiamati “Eroi di scorta”): attori protagonisti di veri e propri atti di eroismo, anche se non famosi ed acclamati. Tutto sommato un bell’esercizio: penso che l’eroismo che non cerca pubblicità, che si compie e si realizza senza bisogno di farlo sapere sia il più bello. Ma è altrettanto bello che noi li si riscopra, questi campioni. Io ho mandato alcuni pezzi su alcuni dei miei preferiti, e ve li ricopio qui sotto.
David Shayler
Caro Roberto, ti scrivo dopo un po’ che non ci sentiamo perchè quello che mi è successo potrebbe avere dell’incredibile. Anche se ci conosciamo da tanti anni, non ti ho mai detto la verità sul mio lavoro: io sono una spia. Anzi, ero uno spia. Adesso sono costretta a fuggire e cambiare residenza, nome, riferimenti, per non farmi trovare. Non avrei mai immaginato che questa sarebbe stata la mia vita, e forse riesce difficile anche a te, ma magari con queste righe che ti scrivo ora riuscirò a renderti l’idea.
Immagina che esista un paese, ovviamente incivile, in cui una parte dei fondi pubblici vengono destinati al mantenimento di gruppi terroristici segreti. E che questi gruppi terroristi segreti commettano degli attentati in paesi stranieri. E che in uno di questi attentati, nel tentativo di assassinare il presidente di un paese straniero, vengano fatti morire molti innocenti, fra cui anche donne e bambini indifesi, che si trovavano lì per caso. E che uno degli appartenenti a questi gruppi segreti, colto dal rimorso e dalla consapevolezza di appartenere ad un gruppo omicida e terrorista, decida di scappare e andarsene dal suo paese, e raccontare tutto quello che sa ai giornali.
Ma immagina anche che i suoi ex compagni lo riescano ad acciuffare e riescano a mettere in piedi una farsa di processo. Un processo in cui non gli viene permesso di spiegare i motivi della sua fuoriuscita, perchè sono “segreti di stato”. Un processo in cui il giudice costringe la giuria a dichiarare la colpevolezza dell’imputato, che viene pertanto incarcerato in un carcere di estrema sicurezza, dove perde il lume della ragione e impazzisce. E in quel paese l’informazione pubblica è talmente corrotta, al punto che, anche se nel processo era stato acclarato che quello che questo fuoriuscito aveva fatto, cioè raccontare la verità, non era stato fatto per soldi o per un utile personale, ma solo per il bene comune, e non aveva messo in pericolo la vita di nessuno con le sue rivelazioni, i giornali titolano che questo fuoriuscito avrebbe fatto ciò che ha fatto per denaro, e con le sue rivelazioni ha messo in pericolo la vita dei suoi ex colleghi.
Bene. Se sei riuscito ad immaginare tutto questo, devi sapere che tale paese esiste. Si tratta del Regno Unito, e quella che avete sentito è la storia vera di David Shayler, che se ne uscì dal servizio segreto militare di Sua Maestà (MI5) dopo che vide l’attentato a Gheddafi, ordito dai britannici, portare all’uccisione di numerosi civili innocenti; cosa che gli aprì gli occhi sul chi fossero i veri terroristi.
Io, per essergli stata vicino, sono costretta a non rendermi rintracciabile da nulla e da nessuno. Capirai pertanto se non ti lascio nè miei recapiti, nè mail, nè telefono, nè nulla. Spero di riuscire, un giorno, a far trionfare la verità. Per adesso, lascio a te questa storia, nella speranza che tu contribuisca, nel tuo piccolo, a farla uscire e ristabilire, in questo modo, un po’ di giustizia.
Tua
Annie Machom
PS: Siete sicuri di stare dalla parte dei buoni?
Gary Webb
Gary non poteva credere ai suoi occhi. Il documento che Pamela gli aveva passato, in quel tavolino appartato del bar, era del tutto incredibile. Non poteva essere vero. Come si era trovato lì?
Decine di telefonate da parte di questa donna alla redazione del San José Mercury News, dove Gary lavorava come giornalista, all’inizio l’avevano un po’ insospettito. E poi c’era la storia con Laura, una cosa estemporanea, niente di che, che però aveva quasi mandato in frantumi il suo matrimonio. No, non voleva cascarci un’altra volta, amava troppo Diana, sua moglie, e i suoi tre figli. Una scappatella si perdona, due no: e se fosse stato un tranello?
Ma, in buona fede, aveva accettato l’incontro con questa latinas: una esuberante quarta portata con orgoglio, e mascherata quel poco che basta ad aumentare la curiositò, un piglio deciso da donna che sa quello che vuole e sa come ottenerlo, e una richiesta di aiuto per il suo uomo, di lì a poco processato per spaccio di droga. Gary era noto nell’ambiente per essere uno strenuo difensore dei diritti civili: la DEA, il dipartimento antidroga americano era noto èper i suoi metodi spicci e molto poco ortodossi. Tanto, si sa, con i dudri bisogna giocare duro, e nessuno spacciatore riesce a acommuovere più di tanto l’opinione pubblica o, peggio, un giudice o un procuratore distrettuale a caccia di consensi per la sua imminente rielezione.
Ma Pamela aveva fornito a Gary una bomba atomica. Il documento, chissà per quale errore o fatele intervento divino, diceva di un tale atinoamericano, tale Danilo Blandon, che per anni aveva lavorato per iportare cocaina negli Stati Uniti. E fin qua, niente di strano. Peccato che lo stesso Blandon fosse ufficialmente a libro paga della CIA, e quel documento lo provava, inequivocabilmente.
Quel giorno la vita di Gary cominciava a cambiare. Non sarebbe più stata la stessa. Segugio di razza, con fiuto finissimo e altrettanto notevoli capacità inveswtigative, cominciava, con l’approvazione del suo caporeadattore, giovane impiegata in carriera, ma soprattutto con l’approvazione del direttore del giornale, a sviluppare la sua inchiesta.
Andò in Nicaragua, parlò con detenuti, tornò negli USA, sentì altri indagati, avvocati, giudici, compagnie aeree private che facevano la spola col sud America, intervistò piloti, ricostruì le rotte della droga. Ma soprattutto svelò al mondo e ai suoi connazionali americani quello che loro mai avrebbero voluto sentirsi dire e mai forse avrebbero osato immaginare: che il traffico della droga verso gli USA era stato promosso, finanziato, coperto dalla CIA. La CIA, sì, il servizio segreto americano, il servizio segreto di quello stesso paese i cui presidenti, reagan in testa, dichiaravano guerra alla droga e tolleranza zero verso chi faceva uso anche di un solo spinello. E migliaia, decine di migliaia di vite di giovani rovinate per sempre con l’esperienza della galera, e il marchio infamante di drogato ed ex galeotto, da una parte, e altre centinaia di migliaia di vite rovinatre da droghe pen più pesanti che venivano introdotte negli ISA proprio dai loro servizi segreti.
Tutto questo sotto la scusa della guerra ai regimi comunisti del centro america. Che comunisti non erano, che cercavano solo un po’ di democrazia e di dare un po’ di voce al popolo, magari restituendo le risorse naturali a compagnie nazionali, limitando il saccheggio delle multinazionali (Statunitensi prima di tutto) che si arricchivano corrompendo governi e lasciando in povertà la popolazione.
E per combattere tali governi servivano soldi, a loro dire, soldi che gli USA si procuravano, come il peggiore dei delinquenti, smerciando droga nei loro paesi. Peggio del peggior spacciatore:; almeno quello non avvelena i suo familiari. Il governo degli Usa sì.
E Gary Webb scrisse tutto in un memorabile lbro, disponibile anche online: The dark alliance, l’alleanza oscura. L’inchiesta giornalistica del secolo, che gli valse anche il premio Pulitzer come miglior giornalista dell’anno. E anche la perdita del posto di lavoro. In realtà se ne andò lui, non fu propriamente licenziato. Se ne andò perchè spostato verso una sede remota, incaricato di occuparsi di casi di grande interesse come la morte per costipazione di un cavallo della polizia locale.
“Nessuno vuole sentire la tua triste storia, Gary” gli aveva detto uno dei capi degli spacciatori. Nessuno vuole sapere che è governato da crminali. Ti glielo hai detto, Gary, ma loro non lo vogliono sapere. Preferiscono credere alle favole degli esportatori di democrazia: se i massacrati e troturati e ridotti alla miseria sono 5.000 km dall’altra parte del mondo, meglio: noi non li vediamo.
La triste storia di Gary Webb, premio Pulitzer nell’anno 1990 per il suo Dark Alliance, nato Sacramento il 31 agosto 1955, si conclude con la sua morte per arma da fuoco, il 10 dicembre 2004. La polizia archiviò il caso come suicidio.
Con spari di pistola alla testa.
Due, per l’esattezza.
Gerd Hamer
“Non tutto il male vien per nuocere”. Facile a dirsi. Facile a dirsi, se quello che vi è capitato non è la perdita di un figlio. Un figlio, ammazzato per sbaglio, per una ripicca. Vorrei vedere voi, essere chiamati nel cuore della notte, perchè vostro figlio è stato ferito. Si trovava in vacanza all’isola di cavallo, vicino alla Corsica. E un principe italiano decaduto, forse alcolista, forse drogato, si era sentito offeso perchè, nel ristorante in cui stava mangiando, quella compagnia di giovani un po’ troppo allegra, rumoreggiava, e rideva, e quel vecchio principe decaduto pensava che ridessero di lui. E, finita la cena, era andato nel porto a sparare contro la loro barca. Col suo fucile da caccia grossa aveva bucato le sottili pareti della barca ed aveva colpito alla gamba mio figlio, Dirk. Il mio primogenito, 19 anni, bello come il sole, l’orgoglio dei suoi genitori. I soccorsi arrivarono dopo oltre 4 ore. Troppo sangue perso, non morì sul colpo, ma dopo 4 mesi di agonia.
E a quel punto che mi ritrovai un tumore al testicolo. Come medico internista, con la mia esperienza, cominciai a domandarmi se non ci potesse essere un qualche legame, una qualche correlazione fra la perdita di un figlio ed un tumore al testicolo. E così ritornai alla mia clinica in Germania (mi ero trasferito in Italia da qualche anno: sapete, con la madre fiorentina da una parte, e il padre tedesco, in me scorre un sangue misto: una sorte di connubio fra la fantasia, l’estro, la creatività italiana, da una parte, e la precisione, la metodologia pignola dei tedeschi. Anche qui si potrebbe dire: Non tutto il male vien per nuocere). Ritornai in Germania, dicevo, e ripresi in mano tutti i casi di tumore che mi erano passati per le mani. E indagando, interrogando (per quelli che erano ancora vivi), studiando le anamnesi (per quelli che non c’erano più) cominciai a vedere una traccia, una pista da seguire.
Non tutto il male vien per nuocere. Poteva esserci una correlazione fra il tipo di stress e l’organo interessato? Poteva essere che il tumore viene per una causa che non è quella esogena, dovuta ad elementi patogeni, chimici, ambientali, ma a precisi meccanismi biologici? E se questi meccanismi biologici fossero addirittura buoni, utili, funzionali? Un figlio. Un figlio amato. Un figlio sottratto. Uno strappo. Una mutilazione. E il tumore al testicolo. La sede della vita. La sede della riproduzione. La vita che muore. La vita che si rianima. E se il tumore, lungi dall’essere un “male”, un nemico da combattere, fosse invece una reazione naturale, sensata, biologica?
Non tutto il male vien per nuocere. Uno sbaglio della natura? Le cellule impazzite? Un nemico da combattere? Niente di tutto questo. Con l’acume italiano e le metodicità tedesca, mi sono messo a studiare centinaia di casi. E in tutti, c’era sempre una correlazione fra un evento scatenante e il tipo di tumore. Non un generico stress, ma un preciso evento scatenante, che ho ribattezzato Sindrome di Dirk Hamer, in onore di mio figlio, Dirk, che almeno la sua morte non sia stata invano, non venga dimenticata e passata nell’oblìo eterno, ma rimanga sempre, a memoria futura; un evento che deve avere le caratteristiche della improvvisazione (deve essere inaspettato) e dell’intensità, e vissuto in solitudine, non metabolizzato. E questo scatena un processo sensato, specifico, naturale, che si divide sempre in due fasi: la fase di conflitto attivo, in cui il fisico reagisce, combatte, e si è più attivi, e si sta bene, ci si sente fortissimi, si dorme poco, sii trattengono i liquidi; ed una fase di scioglimento del conflitto, in cui il corpo esige il suo riposo, ci dà i sintomi che ci servono, ci avverte che è giunto il momento di riposarsi.
E noi, stupidi, che non capiamo questi meccanismi, cosa facciamo? Diciamo: “siamo ammalati!” e giù a combattere i sintomi, spegnerli, soffocarli, perchè non sappiamo accettare nulla di ciò che Dio ha fatto, tantomeno i meccanismi biologici naturali che il creatore ha inserito nel nostro DNA, e crediamo alla teoria delle cellule impazzite, e diamo un nome, un corpo, una personalità al presunto “male”, come se fosse un nemico che ci attacca dall’esterno.
Non tutto il male vien per nuocere. Caro figlio Dirk, il tuo sacrificio non è stato inutile. Sono vecchio ormai e, così come la mamma molti anni fa, anch’io ti rivedrò presto. Ma insieme, e sottolineo insieme, perchè tu, dall’aldilà, mi hai ispirato, abbiamo dato all’umanità le chiavi per una nuova medicina. Una nuova medicina germanica che, con l’aiuto di Dio, sostituirà quella attuale che ammazza ogni anno milioni e milioni di persone con cure omicide.
È vero. Non tutto il male viene per nuocere.
Giacinto Auriti
L’Aquila, 12 Marzo 2014
Caro professore, con il cuore pieno di gioia Le scrivo oggi perchè la notizia è troppo bella. Certo, lo so che da dove si trova lei adesso nessuna notizia le sarà sfuggita; anzi, probabilmente la avrà saputa in anteprima; a pensarci bene, forse, potrebbe anche essere che nella Luce infinita e nella gioia smisurata in cui si trova forse questa è anche una piccola notizia. Ma non credo: la sua battaglia per un mondo più equo aveva una sua ragione d’essere quando era con noi, qui sulla Terra, ma sono sicuro che gli stessi ideali eterni che la motivarono ad agire, ad esporsi e a metterci del suo quando era con noi saranno ancora ben presenti anche ora.
Come d’altronde comprendere Nostro Signore Gesù, quando se la prese con i commercianti del tempio, ma soprattutto con i cambiavalute? Gesù, Dio, sapeva bene che con la creazione di moneta dal nulla questi banchieri avevano il potere di arricchirsi oltre ogni misura, indebitando e schiavizzando l’umanità intera, rendendola legata mani e piedi al cappio di un debito eterno, inestinguibile. E la disperazione, la fame, i suicidi e i crimini che questo avrebbe indotto, in maniera diretta o indiretta, erano ben chiari ai suoi occhi onniveggenti. Alla luce di questa realtà si capisce perchè, come riportano i vangeli, Gesù prese delle cordicelle, ne fece una frusta e cacciò i mercanti e i cambiavalute dal tempio senza troppi complimenti. D’altra parte, professore, anche lei lo doceva ai suoi studenti. “Hai capito il meccanismo?” “Sì professore.” “E non sei incazzato? Allora non hai capito nulla!”
Lei lo citava spesso, il Vangelo. Lei aveva capito che la maniera migliore per gettare l’uomo nella disperazione e nelle braccia del male era gravarlo di un debito insostenibile, e quindi togliergli tutti i beni, la dignità, ed infine la voglia di vivere. Perchè, si sa, l’opera più sublime (secondo lui) del maligno è affamare e disperare gli uomini; ma la vera ciliegina sulla torta è far sì che questi ne diano la colpa a Dio.
Come quando Gesù disse: “Date a Cesare quello che di Cesare” e tutti quanti ad interpretare questa frase come un banale: “bisogna pagare le tasse” senza capire il significato più profondo, che è: “date a Cesare SOLO quello che è di Cesare, non tutto il resto”. E cosa c’è in tutto il resto? Innanzitutto l’aria, l’acqua, i cieli, i mari, le spiagge, i boschi: tutto il creato che Dio Padre ha messo a disposizione degli uomini. Nessuno può mettersi al posto di Dio e pretendere di essere pagato per qualcosa che non ha fatto lui: si tratta di appropriazione indebita.
Ma ancora oltre, se la moneta non è emessa da Cesare (cioè dallo stato: ricordate che Gesù aveva chiesto che gli fosse mostrata una moneta, e avendo visto l’effige del Cesare avesse chiesto: “di chi è questa immagine?” Forse che Gesù, Dio in terra, non sapeva di chi fosse quell’immagine? No di certo, lo sapeva benissimo, ma voleva rafforzare il concetto: questa moneta è di Cesare, cioè dello stato, perchè dallo stato è stata emessa!) ma da banchieri privati, non dovete pagare le tasse! Altro che un generico “pagate le tasse!”: non pagate a chi vi ruba la vita, la dignità, l’aria che respirate e l’acqua che bevete!
Ricordo ancora quel giorno a Guardiagrele, professore, quando arrivarono in oltre 100: polizziotti, carabinierim finanzieri: neanche avessero dovuto stanare il più pericoloso dei banditi o dei ricercati di mafia! No, era solo per lei, o meglio, per il suo esperimento: creare una moneta di popolo, non gravata di interessi, non foriera di un debito eterno, insostenibile ed inpagabile, che avrebbe dimostrato al mondo intero che le banche ci ingannano, e che esisteva una maniera diversa. No. Lorsignori non ptevano tollerarlo, e scesero in campo con l’artiglieria pesante. Era troppo pericoloso, sarebbe stato un precedente inammissibile. A dire l vero in altri casi ci sono andati più pesanti: si ricorda i casi di Saddam Husseinm che aveva cominicato a vendere il suo petrolio in Euri, anzichè in dollari: Morto impiccato di lì a poco. O Gheddafi, che voleva il Dinaro Africano, basato sulla convertibilità in oro? Anche lì, stessa fine. Come Sankara, in Africa..
Ma sto divagando. Perchè oggi è una giornata speciale? Perchè oggi è uscito il documento ufficiale dalla Banck of England, che lo dice chiaramente: “Come le banche creano denaro dal nulla nel momento in cui lo prestano”. Magari i governi ci metteranno un po’, magari c vorrà ancora un decennio o due, ma da qui non si torna indietro. La diga è stata rotta, anche grazie alle persone coraggiose come lei, caro professor Auriti; ristabiliremo un po’ di giustizia e verità in questo mondo che opprime gli individui, le famiglie, le imprese, gli stati di un debito eterno. E li rende schiavi, perchè fra creditore e debitore, chi comanda è sempre il creditore.
Grazie professor Auriti per le sue battaglie noi siamo qui e continueremo a percorreere il solco che lei ha tracciato.
Suo devoto
Kristen Meghan
“Sei sicura di stare bene Kristina? Mi sembri un po’ depressa, ultimamente”. Al sentire quelle parole Kristina si sentì fermare il cuore. Una simile frase di attenzione sarebbe potuta apparire innocua, anzi, dimostrare un sincero interesse, in un’altra situazione. Ma considerato che lei si sentiva benissimo, e che quello che glielo stava dicendo era il suo nuovo capo, che conosceva appena, le premesse erano tutt’altro che buone.
E quello che le disse subito dopo confermò le peggiori paure di Kristina e le gelò il sangue nelle vene.
“Lo sai che potrei farti internare in una clinica per la cura dell’esaurimento nervoso, anche contro la tua volontà, fino a 120 giorni? E chi baderebbe alla tua bambina in quel caso?”
Il mondo in quel momento crollò sotto i suoi piedi. Non erano queste le premesse per le quali si era arruolata, 10 anni prima, all’indomani dell’11 settembre. Come per molti americani, l’attacco alle torri gemelle era stato una sorta di chiamata alle armi, risvegliando il senso patriottico e la volontà di unione intorno al loro presidente, alla loro bandiera, alla loro nazione. E si era arruolata subito. E, nonostante appena 19enne, si era distinta fin dai primi tempi per il suo impegno e la sua professionalità nel lavoro. Era diventata presto responsabile dell’ufficio che faceva i controlli sulla qualità dei materiali impiegati dall’avaiazione militare americana. Doveva verificare gli acquisti, controllare la nocività dei componenti chimici utilizzati, verificare le procedure di smaltimento per minimizzare l’impatto ambientale, oltre a trovare i fornitori che garantissero le migliori forniture all’esercito americano.
Ma dopo una decina d’anni di servizio onorato e riconosciuto, corredato di riconoscimenti e avanzamenti di carriera, aveva cominciato a notare strane forniture di enormi quantitativi di elementi come alluminio, bario, stronzio, ed altri solfati particolari. Ma la sua ricerca, incrociando tabelle su tabelle di sconfinati fogli excel, non la aveva portata ai fornitori, nè tantomeno all’utilizzo di tali materiali, per non parlare delle procedure di smaltimento. E quando aveva cominciato a domandare al suo capo, le risposte non erano arrivate. Nel frattempo il suo diretto responsabile era cambiato; lei, dal canto suo, a fronte della continua mancanza di risposte, aveva cominciato a bloccare tali forniture: era fra le sue deleghe, e fu a quel punto che il nuovo capo era sceso in campo con la minaccia pesante, esplicita, inequivocabile.
30enne single con una figlia piccola (era appena divorziata), immaginò con orrore la prospettiva di un internamento forzato: sapeva bene che nell’esercito si è numeri, e nessuna garanzia poteva salvarla da un simile trattamento, Per fortuna di lì a breve scadeva il suo periodo di ferma, colse la palla al balzo e non rinnovò il suo giuramento: se ne uscì dall’esercito.
Adesso tiene conferenze per raccontare la sua esperienza e per denuciare i programmi di irraggiamento dei cieli con le scie chimiche portato avanti dall’aviazione militare americana. Invita tutti quelli che sanno ad uscire allo scoperto: piloti, meccanici, operativi. Sa che la sua non è una posizione facile, ma almeno ha la coscienza a posto: sta facendo la cosa giusta.
A volte si commuove, quando parla di sè in pubblico. Ma orgogliosamente dice: “Quando sono entrata nell’esercito americano ho prestato giuramento per la mia nazione. Per oltre 10 anni ho infranto quel giuramento, lavorando contro gli interessi del popolo americano, dei miei concittadini. Non lo sapevo, ma stavo collaborando ad un sistema che avvelena le persone inquinando l’ambiente oltre ogni limite consentito. Quel giuramento fatto allora, in compenso, lo sto mantenendo ora.”
Mario Tchou
Giovedì.11 novembre.1961.Fredda mattina autunnale.Una macchina corre veloce verso Ivrea.A bordo un giovane ingegnere italo-cinese, e il suo autista.Vanno alla sede dell’Olivetti,per presentare un nuovo tipo di computer, basato su una nuova architettura hw/sw.
Mario Tchou era nato a Roma nel 24. Diplomatosi presso il Liceo Torquato Tasso nel 1942 si iscrisse presso la Facoltà di Ingegneria Elettronica. A metà del terzo anno di corso si trasferì negli Stati Uniti per completare il suo corso di studi. Nonostante la giovane età, Mario mostrava qualità e intuizioni superiori a molti scienziati dotati di maggiore esperienza. Venne quindi chiamato a insegnare presso il Manhattan College e successivamente alla Columbia University.
Nel 1954 Olivetti lo convinse a tornare in Italia offrendogli la direzione del Laboratorio Ricerche Elettroniche di Pisa. Tchou si occupò in prima persona di selezionare gli ingegneri e i fisici da impiegare e si circondò di alcune delle menti più brillanti – e giovani – del suo tempo, formando un team lavoro snello e produttivo.
Nel 1957 Mario Tchou aveva mostrato ad Adriano Olivetti il primo prototipo sfornato dal suo gruppo di lavoro: un calcolatore dalle funzioni molto avanzate, il cui funzionamento era ancora basato sulle valvole termoioniche. L’ingegnere italo-cinese non era però soddisfatto. Si chiuse nuovamente in Laboratorio e, nel giro di appena 12 mesi, fu in grado di sfornare un nuovo prototipo, questa volta realizzato esclusivamente con transistor.
In quel di Borgolombardo venne quindi avviata la produzione dell’ELEA 9003 (Elaboratore Elettronico Aritmetico), computer ad altissime prestazioni – per il 1959, naturalmente – che non aveva uguali in tutto il mondo. La potenza di calcolo, circa 8.000-10.000 istruzioni al secondo, fu per anni superiore a quella dei computer realizzati dai concorrenti d’oltreoceano. Mario Tchou, nonostante il successo commerciale del suo computer, decise di svilupparlo ulteriormente.
A cavallo tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 Mario Tchou e il suo gruppo di lavoro avevano iniziato a progettare un nuovo computer. Il punto di congiunzione tra il vecchio ELEA e il nuovo progetto, naturalmente, era il transistor: rispetto alle valvole assicurava prestazioni migliori ed aveva una vita media più lunga
La macchina corre veloce. Non c’è tempo, deve aver pensato il giovane ingegnere. Gli americani stanno mettendo i bastoni fra le ruote, sono scesi in campo con l’artiglieria pesante degli aiuti di stato. Due anni prima era morto il presidente dell’Eni Enrico Mattei, che, dando scacco alle maggiori compagnie petrolifere mondiali, aveva rotto il monopolio delle fonti di idrocarburi per fare fronte ai rapidi consumi dell’Italia del boom. E si scoprirà in seguito che dietro a tutto c’era Eugenio CEFIS, il fondatore, per conto delgi americani, della P2, quella che poi passerà in mano a Licio Gelli.
Mario ripensa al Programma 101, il primo personal computer, copiato due anni dopo averlo esposto al BEMA di New York dalla Hewlett Packard che dovrà versare alla Olivetti 900 mila dollari di royalties.
La prematura morte di Olivetti, a 59 anni, avvenuta solo l’anno prima, non gli agevola certo il compito. Ora deve prendere in mano lui l’eredità dell’azienda, prima che si perda questo immenso patrimonio italiano. Patrimonio non solo economico: ma una esperienza di industria a misura d’uomo, dove i lavoratori partecipano ai profitti, dove non esiste lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dove si lavora insieme per un obiettivo comune.
Adriano Olivetti aveva dato vita a una progetto utopistico di fabbrica “solidale” con il territorio, che non inseguiva il solo profitto, ma metteva al centro il benessere della comunità. Le parole usate da Olivetti sembravano più quelle di un padre spirituale che di un uomo d’affari:
“Può l’industria porsi solo il profitto come fine? O non vi è qualcosa di più affascinante, una vocazione anche nella vita della fabbrica? Il tentativo sociale della fabbrica di Ivrea, risponde a una semplice idea: creare un’impresa di tipo nuovo al di là del socialismo e del capitalismo giacché non riescono a risolvere i problemi dell’uomo. Crede soprattutto nell’uomo, nella sua fiamma divina, nella sua possibilità di elevazione e di riscatto. L’elettronica avvia l’uomo verso una nuova condizione di libertà e di conquiste”
“Ma perchè vanno tutti così piano?” Vede in lontananza un autocarro. No, non mi posso mettere dietro anche a questo. Mette la freccia e accellera. Quel dosso che limita la visibilità. Massì, che vuoi che sia? Escono lo stesso. Inizia il sorpasso: affianca il camion in un attimo. Butta un veloce sguardo a destra… e di fronte compare l’atro veicolo: troppo tardi: muoiono entrambi sul colpo.
Un sorpasso azzardato. E la storia, quel giorno, scelse per il mondo informatico e per l’economia italiana una strada completamente differente relegando l’Italia ad un ruolo di secondo piano rispetto ai colossi USA.
Peter Duesberg
Noi non siamo scienziati. Noi non capiamo un granchè di geni, alleli, bande e test. Sappiamo solo che non riuscivamo ad avere figli nostri. Per cui immaginerete la grande gioia quando, dopo una lunga trafila di carte, test, esami psico-attitudinali e burocrazia internazionale, siamo riusciti ad arrivare in Romania con la nostra bima assegnata. Era lì, era per noi, era bellissima. Un batuffolino biondo, un po’ denutrita, ma si vedeva subito che era bellissima. E così, dopo una attesa che ci era sembrata infinita, il nostro sogno si era coronato. Lindsey, la nostra bambina, ci riempiva le giornate. Eravamo pazzi di gioia. Ci sembrava impossibile aver vissuto senza di lei. Ora la vita era tutta un’altra cosa, le giornate piene di significato, ogni problema di lavoro, di vicinato, tutto, tutto ci sembrava insignificante rispetto al nostro cucciolo. Ce lo eravamo ripromesso: saremmo stati dei genitori perfetti, o almeno, quello era il nostro obiettivo. E a cominciare dai vaccini, dalle analisi, daglle visite, volevamo darle il massimo dell’assistenza possibile.
Quando ci diedero l’esito del test HIV – positiva – il mondo ci sembrò scomparure sotto i nostri piedi. Si era aperta una voragine e noi stavamo precipitando – e non si vedeva il fondo. Ma come? Il test HIV era fra gli esami previsti prima del rimpatrio negli Stati Uniti – e lei era risultata negativa. Vabbeh che forse il sistema sanitario in Romania poteva essere un pochino deficitario rispoetto al nostro, ma che diamine, come ci si fa a sbagliare su una cosa del genere? E in ogni caso non avevamo scelta. La macchina burocratica si era messa in moto: AZT, e controlli periodici delle autorità sanitarie. All’inizio non ci eravamo fatti domande. I sanitari ci avevano spoegato che probabilmente era nata in condizioni inadeguate, magari la mamma era una drogata, sai tu… Non ci eravamo chiesti cosa fosse l’AZT. Non sapevamo che questo potente chemioterapico era stato proibito, scartato, all’inizio, perchè troppo nocivo, praticamente un veleno per topi. Una sostanza che per trattarla devi usare i guanti e mascherina. Che se te ne cade una goccia per terra nell’ambulatorio devi sottostare ad una severa procedura di disinfestazione. E questa sostanza, così velenosa, vero e proprio veleno per topi, veniva iniettato in vena direttamente alla nostra piccola Lindsey! Ma vi rendete conto? Veleno per topi in vena ad una neonata di neanche un anno! E noi, i suoi geniotri adottivim, quelli che l’avevano salvata da un destino miserabile, complici di questa tortura. All’inizio eravamo in buona fede. Credevamo a tutto quello che ci dicevano. Non ci facevamo domande. Non ci domandavamo, ad esempio, perchè fare questo trattamento così invasivo nei confronti di una bimba che,. All’apparenza, styava benissimo, e non aveva alcun segno di malattia, men che meno dell’AIDS, la devastante peste del secolo che da un po’ di anni imperversava sui giornali e sui principali mass media.
Ma quando Lindesy cominciò a peggiorare rapidamente, a piangere, ad urlare, e a svegliarsi praticamente continuamente, di notte, urlando come una pazza, non ce la facemmo più, e decidemmo di metterci a fare le nostre ricerche.
E il cielo ha voluto che trovassimo Peter. Peter Duesberg, scienziato radiato dai consessi internazionali per la sua visione “poco ortodossa” sull’AIDS. Virologo di fama mondiale, dalla stelle alle stalle dopo il suo cambio di posizione sull’AIDS: non il virus la causa del male, ma l’uso di droghe, in particolare i poppers, veri e propri immunodepressivi. E la prima cosa che ci disse, ancora prima di vederci e di vedere Lindsey, al telefono, quella sera, fu:”Smettete subito l’AZT! Se volete savare vostra figlia, dovete interrompere subito il trattamento!”. E noi ci fidammo. Come incoscienti, inebetiti dalle minacce dei medici ma alllo stesso tempo disperati nel vedere una figlia che precipitava sempre più nella malattia, ci affidammo al cuore e seguimmo il consiglio di Peter. Adess Lindsey è cresciuta. Il mese prossimo compirà 18 anni, e le stiamp preparando la festa a sorpresa più bella della sua vita. Ma il dono più grande l’abbiamo ricevuto noi, due volte. La prima, quando ci è stato dato questo cucciolo in braccio. La seconda, quando Peter ce l’ha restituita alla vita.
Il seguito della toria: http://truthbarrier.com/2015/12/01/an-open-letter-from-cheryl-nagel/
Vittorio Arrigoni
Caro Vittorio, mi pento di non averti scritto prima, quando solo contro tutti facevi una cosa bellissima e unica: ti eri messo dalla parte degli ultimi, dei più soli, dei più poveri, senza chiedere nulla in cambio. Mi pento non perchè adesso tu non puoi leggere queste parole, adesso puoi vedere tutto, essere dappertutto, amare ancora di più tutti; ma perchè una goccia di conforto nel deserto in cui ti trovavi forse avrebbe potuto esserti utile; sono stato uno dei tanti della maggioranza silenziosa che, col suo non agire, fa forse più male della minoranza che opera attivamente il male.
Mi consola il fatto di pensare a te nella Luce, nell’Amore; mi consola il fatto di pensare che hai passato questa prima notte delle tua nuova vita fra le braccia della Mamma; come un bimbo che non dorme per gli incubi trova la pace e il riposo nel lettone dei genitori, tu stanotte ti sei addormentato cullato dal più grande amore che sia mai esistito sulla terra; l’amore di quella mamma che tanto bene conosce quei posti dove eri tu; che tanto bene conosce come si possa scatenare la rabbia e l’odio verso l’innocenza di chi non sa fare altro che bene; che tanto bene conosce la cattiveria degli uomini verso i buoni; verso chi ha l’unico torto di non tacere di fronte ai soprusi, alle prevaricazioni, ai delitti dei potenti.
Mi consola sapere che dopo tanti esempi di cattiveria umana, di atti di vigliaccheria, di omicidi (immagino a quanti strazi tu possa aver assistito), ecco mi consola sapere che sei nella Luce, vicino a quel Gesù che, come te, fu preso, massacrato e ucciso solo per non essere stato zitto di fronte alla menzogna; anche tu come lui, incapaci di fare del male, animati solo dall’amore per gli ultimi.
Perdonaci se non ti siamo stati abbastanza vicini prima; se abbiamo guardato da lontano con sufficienza al martirio di quei popoli o se -peggio- ci siamo girati dall’altra parte per non vedere quello che ci dava fastidio, nelle nostre serate comode sul divano di casa. Perdonaci se tanti come te oggi sono considerati eroi, quando la nostra “civiltà” dovrebbe rendere normale l’impegnarsi per gli altri, dovrebbe rendere normale la denuncia di chi commette soprusi, dovrebbe rendere normale la difesa dei più deboli. Anzi: dovrebbe bandire l’ingiustizia dal mondo, se tanto civilizzati ci vantiamo di essere. Invece no: siamo così “civili” che chi come te apre la bocca per dire cose scontatissime diventa improvvisamente eroe, unico, da ricordare.
Ti prego: da dove sei, continua la tua preziosa opera, perchè venga un giorno sulla terra in cui ci si domandi: ma che bisogno c’era di persone come Vittorio Arrigoni?
AH…AH…AH…
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Vna familiàre Fàccia da…DOC…” NAZI “…DOP…Vna Fàccia…Vna Ràzza…
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HA…HA…HA…
AVRITI…il più Grande+Italiano del XX* secolo…
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la Sua+Voce,su YT,sovràsta e zittisce quella dei ” finti-vivi “…e laici e chierici…
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che,in realtà,son invero più ” morti ” dei Morti…
AVRITI…Eroe,sì,sicuro…
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ma fu qualcosa di più…
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Vero+Re+Vero+Papa…!!!
Magistrale+Lezione di Padre+Quirino..or ora Visionata sulla…” AdL “…
beh…papàle+papàle…c’è davvero da chiedersi,franca+mente…
QVIA…il mediatico ” misericordioso ” televisivo Papa+Francisco…
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invece di spacciàrci,giulivo,la sua mirabolante…” misericordina “…
che par funger proprio da comodo,ipnotico,anestetico…” oppiàceo “…
non tenga analoghi,cruciali Discorsi…CORAM+POPVLO…VRBI ET ORBI…CVR…???
Eh…già…troppo,troppo comodo magnificar solo le Sublimi+Cose+del+Cielo…
” Il Nome di Dio è Misericordia “…sì,certo,come no…ma non solo…sennò…
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mentre sta via via cadendo nell’oblio pure la…” Madonna dei Debitori “…
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mentre sarebbe necessaria una cruciale Enciclica…ad hoc…” DE MONETA “…
e basta coll’intrattener gli ingenui Fedeli sulle effimere ” Monàte ” mediatiche…!!!