Ingannati numero zero eco

Quale dei due libri è più complottista? Attenti: la risposta non è scontata e facile come sembra…

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Ho letto nel fine settimana l’ultimo romanzo di Umberto Eco, “Numero Zero“, edito da Bompiani. Un thriller avvincente, una storia che ti prende, che sul sito dell’editore viene sintetizzata così:

Una redazione raccogliticcia che prepara un quotidiano destinato, più che all’informazione, al ricatto, alla macchina del fango, a bassi servizi per il suo editore. Un redattore paranoico che, aggirandosi per una Milano allucinata (o allucinato per una Milano normale), ricostruisce la storia di cinquant’anni sullo sfondo di un piano sulfureo costruito intorno al cadavere putrefatto di uno pseudo Mussolini. E nell’ombra Gladio, la P2, l’assassinio di papa Luciani, il colpo di stato di Junio Valerio Borghese, la Cia, i terroristi rossi manovrati dagli uffici affari riservati, vent’ anni di stragi e di depistaggi, un insieme di fatti inspiegabili che paiono inventati sino a che una trasmissione della BBC non prova che sono veri, o almeno che sono ormai confessati dai loro autori. E poi un cadavere che entra in scena all’improvviso nella più stretta e malfamata via di Milano. Un’esile storia d’amore tra due protagonisti perdenti per natura, un ghost writer fallito e una ragazza inquietante che per aiutare la famiglia ha abbandonato l’università e si è specializzata nel gossip su affettuose amicizie, ma ancora piange sul secondo movimento della Settima di Beethoven. Un perfetto manuale per il cattivo giornalismo che il lettore via via non sa se inventato o semplicemente ripreso dal vivo. Una storia che si svolge nel 1992 in cui si prefigurano tanti misteri e follie del ventennio successivo, proprio mentre i due protagonisti pensano che l’incubo sia finito. Una vicenda amara e grottesca che si svolge in Europa dalla fine della guerra ai giorni nostri.

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Ma a me è piaciuto quello che l’autore riesce a dire, senza esporsi, facendolo dire ad uno dei protagonisti, il redattore paranoico (così si può sempre tirar fuori: non lo dico mica io, lo dice quel paranoico, oltretutto personaggio di fantasia in un romanzo, che credibilità volete che abbia? Peccato che tutto il romanzo ruoti intorno alle scoperte di questo tale che… ma non vi posso dire altro…). In buona sostanza, tutto il tramare dei poteri occulti che tirano le fila di questa nostra Italia nel dopoguerra, dove appare chiaro che quello che noi riteniamo essere potere altro non è che la facciata, gli esecutori di ordini decisi altrove, in altre più segrete stanze.

Inoltre anche una impietosa rappresentazione del mondo della stampa, dove ogni pezzo che possa urtare o dare fastidio a un più o meno consistente gruppo di potere viene cassato, fino all’esplicita affermazione (pag.173):

“La questione è che i giornali non sono fatti per diffondere ma per coprire le notizie. Accade il fatto X, non puoi non parlarne ma imbarazza troppa gente, e allora in quello stesso numero metti titoloni da far rizzare i capelli, madre sgozza i quattro figli, forse i nostri risparmi finiranno in cenere, scoperta una lettera di insulti di Garibaldi a Nino Bixio e via, la tua notizia annega nel mare dell’informazione”.

Sembra di sentire Franceschetti. Che alla soglia degli 83 anni il Nostro si voglia togliere qualche sassolino dalla scarpa? O che ormai, come andiamo dicendo sempre più spesso, è proprio vero che il risveglio è inevitabile, e tutti, ma proprio tutti,si stanno accorgendo che il re è nudo?