Ricevo da Lucia volentieri ri-pubblico, dal blog Una casa sulla roccia.
Da buon complottista, faccio notare come, a partire dai pilastri individuati da Chesterton per la costruzione della società, che sono distribuzione della proprietà, valorizzazione dell’agricoltura e del lavoro manuale, ruolo centrale della famiglia (a cui aggiungerei l’importanza dell”istruzione, come dice John Kanu), se voi foste nemici del cattolicesimo su cosa vi concentrereste?
Ma è ovvio, agireste per:
- Una distribuzione iniqua della proprietà cercando di lasciare quanta più gente possibile priva dei mezzi di sostentamento e quindi ricattabile;
- L’allontanamento dalla terra, concentrando l’agricoltura in poche, grandissime proprietà e l’allontanamento dal lavoro manuale, in modo da rendere meno autonome possibili le persone;
- La distruzione della famiglia tradizionale, vero baluardo di difesa;
- Un decadimento e appiattimento dell’istruzione.
Sounds familiar? 😀
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Kanu, l’africano che ha portato Chesterton in Sierra Leone
Una laurea a Oxford e poi il ritorno in Africa per applicare le teorie economiche dello scrittore cattolico inglese.
Nell’ottobre 2002 la Sierra Leone era un poverissimo paese africano stremato da undici anni di guerra civile che aveva causato la morte di 50 mila esseri umani. Due milioni e mezzo di persone sono rimaste senza casa, dieci mila senza un braccio o un avambraccio, mutilate a colpi di machete. John Kanu invece era un fortunato e volonteroso trentottenne sierraleonese che dopo sforzi eroici era riuscito ad approdare all’università di Oxford e a ottenere un master in Scienze sociali applicate. Intorno a quello che John aveva fatto per convincere la sua famiglia a mandarlo a scuola – unico bambino del suo villaggio – per continuare gli studi dopo la morte del padre e per ottenere un visto e una borsa di studio per frequentare l’università in Inghilterra, si sarebbe già allora potuto scrivere un libro.
A quel tempo a Oxford i neolaureati sierraleonesi erano in tutto sei. Cinque presero la strada degli Stati Uniti e del Canada o si fermarono nel Regno Unito. Uno solo, nonostante un’offerta per restare a lavorare in terra britannica, decise di tornare nella devastata patria: John Kanu, appunto. Nostalgia di casa, per quanto derelitta? Appoggi politici? Niente di tutto ciò. Non indovinereste nemmeno con un milione di tentativi. «Avevo scoperto Gilbert Keith Chesterton, e volevo applicare le sue idee sull’uomo e sull’economia nel mio paese», racconta Kanu (nella foto a sinistra).
Pochi lo sanno oltre agli appassionati dello scrittore cattolico britannico, ma Chesterton, insieme a Hilaire Belloc e Vincent McNabb, è considerato il teorico del distributismo, la filosofia economica che alla fine dell’Ottocento si presentava come una traduzione della dottrina sociale cristiana contenuta nella Rerum Novarum di Leone XIII e come terza via fra socialismo e capitalismo.
Fra gli insegnanti di Oxford, Kanu incontra Stratford Caldecott, direttore del Chesterton Institute for Faith and Culture. Diventano amici e il britannico introduce il sierraleonese al pensiero dello scrittore.
«Tre temi mi colpirono in particolare.
- L’idea della necessità di distribuire quanto più possibile la proprietà fra tutti i membri della società;
- l’importanza attribuita all’economia rurale e agli artigiani che vivono del lavoro delle proprie mani;
- la visione della famiglia come la principale unità sociale e la base di una famiglia estesa multi-generazionale.
“Questo è il meglio della cultura tradizionale africana, riprodotto in filosofia economica da uno scrittore cattolico di fine Ottocento, e noi lo stiamo perdendo”, mi sono detto. Cominciai a pensare che, tornato in patria, avrei fondato una società chestertoniana sierraleonese».
Le cose vanno proprio così. Kanu torna in Sierra Leone e si guadagna da vivere come consulente o come esperto in progetti di Ong ed enti internazionali quali il Catholic Relief Service, l’International Rescue Committee, Usaid, Management Systems, eccetera.
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Per quel che riguarda i soldi, la differenza rispetto alle Ong è decisamente abissale. Da quando esiste, la donazione più grossa che l’Slcc ha ricevuto è costituita da 600 sterline versate da Aidan Mackey, il fondatore del Chesterton Study Centre in Inghilterra. Tutto il resto è basato sul volontariato e sul contributo delle stesse comunità oggetto degli interventi, che comprendono l’insegnamento di tecniche agricole attraverso la cosiddetta Farmer-Field-School, l’assistenza nell’accesso a sementi speciali, l’organizzazione dei contadini in cooperative, la costruzione di due scuole professionali di villaggio che presto entreranno in funzione.
«Gli abitanti del villaggio hanno messo a disposizione tutti i materiali e tutto il lavoro, tranne lo zinco per i tetti e per il cancello all’ingresso che abbiamo procurato noi», spiega John. «Dalle scuole usciranno carpentieri, muratori, meccanici e altre figure tecniche che si impegnano a non migrare in città, ma a rendere il loro servizio nelle comunità rurali da cui provengono. Adesso hanno bisogno degli strumenti e delle macchine da mettere in dotazione nelle scuole, ed è per questo che io sono in Italia e che per la prima volta chiediamo un aiuto a donatori esterni». Invitato dalla Società chestertoniana italiana, Kanu ha incontrato associazioni e privati disponibili a una partnership a Siena e Ferrara. Ma negli incontri pubblici ha parlato principalmente della filosofia dello sviluppo e dello stile di intervento dell’Slcc.
«Il ruolo della famiglia è centrale», spiega questo padre di quattro figli. «In Africa non ci sono sistemi di welfare come in Europa: la famiglia è il nostro welfare, la nostra carta di credito, la nostra banca, la nostra cassaforte. Se qualcuno ha bisogno di un prestito, non va alla banca, dove verrebbe sfruttato, ma si rivolge al giro dei parenti. La famiglia è il luogo dove ci si sente a casa, è la chiave dell’educazione morale, è un ponte gettato fra l’equilibrio e la follia. Quando da bambino insistevo con mio padre perché mi mandasse a scuola, la famiglia estesa di 20 persone venne riunita e dopo lunga consultazione decisero di iscrivermi in una scuola di una località vicina. In Sierra Leone i musulmani sono il 70 per cento, noi cattolici siamo il 15 per cento e gli altri sono cristiani protestanti, ma tutti condividiamo la stessa concezione: la famiglia è la principale fonte della vita».
Il panegirico della famiglia africana, istituzione che presenta anche molti lati problematici che frenano lo sviluppo umano, non deve far pensare che l’Slcc si faccia portatore di una visione immobile e passatista dell’Africa, centrata sull’esaltazione del buon tempo andato. «La grande sfida dello sviluppo consiste nel cambiare le mentalità. Lo sviluppo, dico sempre, non è una questione di elettricità, di strade, di infrastrutture. Tutto questo serve, ma lo sviluppo è in primo luogo una questione di persone. Il nostro lavoro consiste nel cambiare le mentalità e questo avviene attraverso l’educazione. L’educazione compie, realizza, completa. Ma solo se è centrata sulla verità e su ciò che è giusto. Allora diventa quella scintilla dentro di te che nessuno ti può portare via. L’educazione ti arricchisce di una ricchezza che nessun ladro potrà mai rubarti».
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«Noi non gli diciamo che il modo in cui coltivano la terra è sbagliato, gli mostriamo concretamente i vantaggi delle nuove sementi o delle nuove tecniche. Quando il governo ha deciso di diffondere anche nel nostro paese la varietà di riso ibrido ad alto rendimento Nerica, anzitutto abbiamo fornito la nostra intermediazione perché le comunità rurali più marginali non venissero tagliate fuori. Poi, per convincere i coltivatori dei vantaggi delle nuove sementi, ci siamo fatti dare un pezzo di terra a fianco dei loro campi coltivati nel modo tradizionale. Lo abbiamo seminato col riso Nerica. Al primo raccolto, tutti hanno visto la differenza e sono venuti a chiederci come dovevano fare per avere quelle sementi».
Non è stato tutto tempo sprecato.
L’Slcc non si tira indietro davanti all’impegno politico in senso lato, che consiste nel difendere i diritti delle comunità rurali davanti ai grandi interessi dell’industria mineraria, che naturalmente condiziona la risposta delle istituzioni.
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«Da bambino ho lottato come un leone per potere andare a scuola, ho sfinito mio padre per convincerlo a mandarmi. Poi, quando sono arrivato all’università di Oxford mentre la Sierra Leone bruciava, ho pensato che il mio sapere non sarebbe servito a nulla, che il paese aveva bisogno di altro», conclude John Kanu. «Per fortuna i miei amici inglesi mi hanno fatto scoprire Chesterton e le sue tre idee economiche: la redistribuzione dei mezzi di produzione, l’importanza dell’economia rurale, la centralità della famiglia. Oggi dico a tutti: sono le uniche tre cose importanti che ho imparato studiando a Oxford. Ma non ditelo al rettore dell’università e ai suoi professori».
[Fonte: Tempi.it, 28.07.13]
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