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Domanda: i film di Stanlio e Ollio fanno ridere?

Certamente!” sarebbe la risposta di chiunque. Se però si volesse approfondire, e si chiedesse: “Ma sei proprio certo che fanno ridere tutti, il 100% delle persone? E proprio TUTTI i film di Stanlio e Ollio fanno ridere? O ce n’è qualcuno che non fa ridere? E fanno ridere dall’inizio alla fine, o solo in parte? ” ovvio che allora ci si tirerebbe un po’ indietro, “sì, mah… il più delle volte… mediamente…” Se poi la domanda fosse rivolta in un processo e dalla risposta data dipendesse l’esito finale del giudizio, chiaramente nessuno si sentirebbe di affermare che TUTTI i film di Stanlio e Ollio fanno ridere, che fanno ridere TUTTE le persone, e che fanno ridere dall’inizio alla fine.

Per quanto stupida (e scontata) possa sembrare questa introduzione, serve per riaffermare ancora una volta la stupidità di chi, di fronte a teorie mediche, chiede la prova “scientifica“. Stupidità doppia quando poi queste stesse persone non hanno la stessa pretesa di scientificità rispetto ai sistemi “ufficiali“, approvati dalla medicina canonica. Potreste affermare che la chemioterapia guarisce? Il 100% dei pazienti? Ovvio che no.

Anche solo limitando l’osservazione al corpo, la complessità della macchina “uomo” è tale che la medicina si deve per forza basare su una serie di ipotesi, molte volte neanche confermate, se non a livello probabilistico, di funzionamento dei meccanismi biologici, cellulari, chimici. Ma oltre a ciò, la follia dell’isolamento del singolo organo malato dal contesto, già stupida per conto suo, è resa ancora più stupida se si omette di considerare che, oltre ad un coprpo, c’è una mente e un’anima, a completare l’essere umano. La specializzazione della medicina, che affronta il singolo malessere solo dal punto di vista sintomatico, ha reso l’ignoranza della comprensione dell’essere umano abissale, e causa principale dell’incapacità di guarire. Al più, si trattano i sintomi, sperando che gli effetti collaterali di quel trattamento non siano peggiori del decorso della malattia originaria. Un po’ come quando si mette la polvere sotto il tappeto: non si è fatta pulizia, si è semplicemente spostato il problema.

I detrattori della Nuova Medicina Germanica si perdono una possibilità magnifica, la possibilità di conoscere i meccanismi di interazione fra emozioni e corpo, in maniera sistemica e completa come forse solo un tedesco poteva fare, e così facendo lasciano l’intuizione della correlazione ad un livello embrionale, infantile, senza possibilità di applicazione pratica. E sì che anche la saggezza popolare aiuta, con la sua forma di sapere tramandato di generazione in generazione con i proverbi, a comprendere l’intima relazione fra le cose che ci accadono, il modo in cui le viviamo, e gli effetti sulla nostra salute. Quando si dice che di una certa cosa “ne farai una malattia“, oppure che una certa cosa ti fa “il sangue amaro“, si fa, senza conoscerne le basi scientifiche, esattamente riferimento a questo.

Ad esempio uno dei grandi meriti di Hamer, per quello che mi riguarda, è stato quello di spiegare come gli eventi in sè non hanno, a livello assoluto, una conseguenza sicura, diretta, individuabile a priori, ma quello che conta è come l’evento viene “percepito” dal singolo. Ad esempio un licenziamento, che avviene nello stesso identico modo per 5 persone diverse, può avere 5 effetti diversi, a seconda di come le persone lo prendono: può essere una perdita di territorio (“non ho più un posto dove stare“), di autostima (“non valgo più niente”), ecc. ecc.

Per fare esempi semplici: una musica può essere un’esperienza piacevole, che magari non mi disturba, neanche mentre sto studiando; ma se la stessa musica proviene dalla stanza accanto, e la vivo come un’invasione del mio territorio, può darmi un fastidio incredibile (magari proprio la stessa musica). Cito un esperimento che mi era stato raccontato molti anni fa, quando non conoscevo ancora Hamer. A due gruppi di persone, ugualmente assortiti per età, cultura, ecc., vennero forniti gli stessi test da fare. Entrambi i gruppi furono disturbati da un grande rumore, ossessivo, dicendo però al primo gruppo che purtroppo, non c’era nulla da fare (stavano facendo dei lavori nell’appartamento a fianco), mentre al secondo gruppo venne detto che, in caso il rumore li avesse disturbati troppo e impedito la concentrazione, avrebbero potuto premere un campanello e il rumore sarebbe smesso. Come facilmente prevedibile, il secondo gruppo ottenne risultati molto migliori del primo. Quello che però non vi aspettereste è che il secondo gruppo non fece uso della propria facoltà di interrompere il rumore: il semplice fatto di sapere che potevano interromperlo era sufficiente a non fargli sentire il peso di quel rumore; in qualche modo possiamo dire che non era il rumore che disturbava, ma la percezione dello stesso, che per i primi era vissuto come importuno, molesto, un ostacolo alla concentrazione (invasione di territorio), per i secondi no. Insomma, chi pretende di limitarsi agli aspetti misurabili, pesabili, riscontrabili con bilancia, metro e termometro rischia di perdersi un’enorme fetta della comprensione della verità.

Potrei citare molti altri esempi, anche vissuti personalmente, in diversi ambiti (non necessariamente di malattia: quando si capisce come funzioniamo, quali sono le regole che la Vita ci ha dato, possiamo ritrovarle rispecchiate un po’ ovunque, riconoscere la firma dell’Autore in ogni cosa); e quello che mi dispiace è che ci sia ancora chi pretende di buttare via tutto senza approfondire, arroccati nella falsa pretesa di scientificità.

E si ostina a fare all’infinito la stessa domanda: “Ma mi metti per iscritto che se vengo a vedere il film riderò? Garantito? al 100%? Hai la prova?

 

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