Come scritto anche da altre parti (ad esempio in “Coincidenze confortanti“) l’impegno che da un po’ di tempo a questa parte mi ha preso non è condiviso da tanti fratelli nella fede che ritengono forse presuntuoso l’occuparsi di problemi così grandi e che addirittura si possa cadere nell’eccesso di perdere di vista il valore vero, la ricerca della Vita Eterna. Insomma, l’mportante è pregare, tanto qui siamo di passaggio..

 

Ho chiesto ad un amico (sempre il solito!) un parere,  e ne è venuta una interessante risposta che vi riporto.

(io)

… prima di ributtarmi nelle solite (noiose) attività quotidiane, volevo puntualizzare la mia posizione, anche e soprattutto per sapere cosa ne pensi.
 
Per me il signoraggio non è il primo dei problemi: ci mancherebbe altro! Ma se non possiamo far finta di niente di fronte alla violenza all’arroganza, alla prevaricazione del debole (come tu ben stai facendo nella lotta alla 194), credo che la disponibilità di denaro sia il primo degli strumenti che il padre della menzogna mette a disposizione dei suoi incatenati; per questo io lo definisco come uno dei travi portanti dell’azione del nemico e, come tale, come un obiettivo principale.
 
Qualcuno dice che è tutto secondario: preghiera e basta. Però, senza nulla togliere al valore della preghiera, anche Gesù è stato tentato in questo senso (e le tre tentazioni sono secondo me gli archetipi delle tentazioni che Satana mette davanti all’Uomo): buttati, e dì agli angeli che ti vengano a salvare. Non dico che chi si affida unicamente alla preghiera sia come uno che non fa nulla, che si butta dalla cima del tempio; ma credo che Dio, infinito amore e tenerezza verso i suoi figli, ci dia l’onore (e un po’ anche l’onere) di esere sue braccia e sue gambe, e ci fa compartecipi della creazione.
 
Sbaglio?
 
 
(fm)

La “preghiera e basta” ben difficilmente può configurarsi come quella tentazione a cui alludi: e, quando lo diventa, il problema non sta nella “quantità di preghiera” ma proprio nel rapporto che si ha con Dio.
Che ci si ostina a vedere come “a proprio servizio”, come Colui che ci “deve” far scendere la manna dal Cielo.

Ma, ripeto: se si deforma in maniera così sostanziale il rapporto col Padre, il problema non è a valle (nella preghiera) ma a monte (nel proprio cuore).

Lo stesso xxxx, poi, possiede e gestisce un ristorante, quindi, conformemente ai propri doveri di stato, oltre a pregare lavora.

Quando lui (e tanti come lui) parlano in quei termini, ci mettono in guardia dall’aspettarci troppo dalle soluzioni umane: visto che è ormai arrivato il tempo in cui quelle stesse soluzioni umane non possono darci più nulla.

Il punto è l’avere consapevolezza oppure no di quelli che sono non semplici “soluzioni umane” ma veri e propri Progetti di Dio.
Che hanno bisogno delle nostre mani, braccia, gambe, spalle, voci, occhi e orecchie: per andare avanti.
Esattamente per il motivo che dicevi tu prima: perché siamo chiamati ad essere compartecipi al Progetto di Dio.
E, addirittura: corredentori. Nel nostro piccolo o piccolissimo.

Il fatto, poi, di “specializzarsi” attiene all’utilizzo dei talenti ed al fatto che ognuno di noi è un essere irripetibile e unico.
Ma, al di là delle differenze individuali, vi è alla fine una grande “macro-specializzazione” che attiene al ruolo che si sceglie e che Dio ci affida durante la battaglia (e questi nostri tempi sono battaglia purissima): se quello di stare sul “monte”, come Mosé, con le mani alzate verso il Cielo o quello di stare “in pianura”, come Giosué, in mezzo alle strida ed ai clangori dello scontro fisico, armi in mano.

Ben consapevoli, però, che quando Mosé -per stanchezza- abbassava le braccia: immancabilmente le sorti della battaglia “in pianura” si spostavano a favore dello schieramento avversario (e dell’Avversario).

Quindi: tra Preghiera ed Azione c’è esattamente lo stesso rapporto che c’è tra Fede ed Ragione.
E’ il primo membro di entrambe le relazioni a “comandare” ed a fare da attivatore e “scatenatore” della piena potenzialità del secondo.

L’ideale sarebbe che in ognuno di noi vi fosse, ugualmente sviluppato, sia un Mosé che un Giosué: ma siccome così non è, ecco che interviene quella macro-specializzazione suddetta.
Il che, in ogni caso, non esime gli uomini di preghiera anche dall’agire e quelli di azione anche dal pregare.

Personalmente, mi ritrovo sempre di più ad essere una sorta di “anfibio”: e mi rendo ogni giorno più conto che la Volontà di Dio per quanto mi riguarda è quella che faccia da “ufficiale di collegamento” tra il monte e la pianura.
Avendo il talento di riuscire a parlare sia la lingua di Mosé che la lingua di Giosué.

Ora vado, la battaglia in pianura mi attende.

Dio ti benedica e San Michele Arcangelo ti protegga