Stamattina fra i commenti sul sito ne ho trovato uno che mi ri-tira sull’argomento, sul quale sono in piacevole disaccordo con una amica, Maria Missiroli, alla quale peraltro devo molto, ad esempio avermi aperto gli occhi sull’enorma truffa dell’AIDS.

Come ho già scritto nella risposta al commento, un po’ mi dispiace alimentare la polemica perchè sono convinto che questo rischia di distogliere dal primario (in ordine cronologico) obiettivo, che è secondo me sottrarre dalla mani degli usurai privati l’enorme potere di creazione e controllo della quantità di denaro circolante, potere grazie al quale si possono controllare i governi, scatenare guerre, mandare in misrea e disperazione intere nazioni, ecc. Ma tant’è. Visto che non ci si può tirare indietro per sempre, provo ad esporre non tanto la mia opinione quanto alcuni punti a favore dell’una e dell’altra teoria.

Bill Still, autore dei bellissimi documentari “The Money masters” e “The secret of Oz” sostiene che non importa quale sia il sottostante, cioè il valore corrispondente al pezzo di carta che teniamo in mano; anzi, può benissimo non essere nulla (ad esempio con i cosiddetti “tally sticks”, i bastoncini di legno i emissione regale dell’Inghilterra dei secoli d’oro, o, aggiungo io, il bitcoin adesso); quello che conta veramente è chi ne controlla la quantità. Che deve essere giusta, vale a dire nè troppo poca, altrimenti l’economia si ferma, nè troppa, altrimenti l’inflazione galoppante come un boomerang si rivolge contro il sistema economico stesso.

Ron Paul, altro personaggio che come Bill Still amo moltissimo, candidato repubblicano alle elezioni presdienziali, è invece per un ritorno allo standard aureo, convinto che la parità con l’oro sia l’unico sistema che garantisca, intrinsecamente, per come è pensato e per le caratteristiche intrinseche dell’oro (non deperibile, non contraffabile, esistente in quantità limitata al mondo) l’impossibilità di una crescita incontrollata della massa monetaria, vero problema dei nostri giorni.

Io trovo che ci siano punti a favore dell’una e dell’altra tesi, ma i puunti che non condivido dei fautori dello standard aureo forse sono di più. Provo ad elencare quelli che mi vengono in mente in ordine di importanza.

Primo: i sostenitori dello standard aureo dicono che la moneta non può essere “libera“, ma deve essere agganciata ad un valore reale, concreto. Ma l’oro non ha un valore reale, concreto: ha un valore perchè, convenzionalmente, noi gli diamo valore. Provate a dare 100g di oro ad uno che sta morendo di fame o di sete in deserto, e vedete se può farsene qualcosa. Date 20g di oro a uno che ha un tumore, e vedete se guarisce. E così via. Cioè il valore, ancora una volta, non è intrinseco, ma convenzionale.

Appurato che il valore è convenzionale, potremmo dire: ok, ma proprio per le caratterisctiche che dicevamo prima (quantità limitata, non deperibilità, non contraffabilità), possiamo dire: va bene, concordiamo che il sottostante deve essere l’oro, in tal mondo toglieremo il potere ai bancari di lucrare profitti stratosferici con il meccanismo della riserva frazionaria, o, per dirla più semplicemente, del prestito di ciò che non hanno, o, per dirla con Dalla Luna, come mi ha suggerito Marco Saba, di emissione di promesse di pagamento a fronte di nessuna garanzia o deposito. Osservo però che se io fossi il proprietario di tutto l’oro del mondo sarei molto felice della creazione di un ritorno allo standard aureo, perchè ciò consoliderebbe una volta per tutte il mio potere. Siuazione paradossale e ipotetica? Mica tanto. credete davvero che le banche centrali ed ora la BCE abbiano l’oro in deposito? E se fosse che le poche persone che tengono in mano la finanza mondiale hanno veramente tutto o quasi l’oro del mondo, un ritorno allo standard aureo non sarebbe come chiudersi in cella e consegnare loro le chiavi?

I fautori del ritorno allo standard aureo ritengono che la creazione di moneta “out of thin air“, cioè dal nulla, rischia di creare inflazione iperbolica e incontrollata. E su questo siamo d’accordo. Ma qui si ritorna alle impostazioni di un sistema e dei suoi meccanismi di controllo. Se questo compito viene dato ad un privato (come è la BCE oggi), tale privato, operando al fine di massimizzare il proprio utile, sarà non solo tentato ma anche istituzionalmente giustificato nel cercare di ottenere il suo scopo istituzionale. Se affidato ad un organismo pubblico, pur restando la tentazione di chi si trovasse a gestire la stanza dei bottoni, il meccanismo di controllo dovrebbe comunque mantenere un freno nella possibilità di creazione incontrollata di liquidità, come potrebbe avvenire ad esempio se si istituzionalizzasse il reddito di cittadinanza, cosa che è moralmente ingiusta (creando inflazione penalizza i redditi fissi e i pensionati) e socialmente diseducativa (insegna che ci si può aspettare di essere mantenuti dalla collettività).

Ma questo (creazione di liquidità e diluizione della moneta) sta avvenendo già oggi: i governi, per ignoranza o asservimento ai banchieri, sembrano spingere nella direzione dell’aumento del debito con spese inutili e impopolari (vedi TAV in Val di Susa) anche ora che l’emissione di moneta non è in mano pubblica: forse che riportare sotto il controllo democratico e popolare l’emissione porterebbe ad un peggioramento delle cose? Io non credo proprio.

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