Qualche settimana fa mi sono trovato a casa di un amico ad ascoltare un concerto di un ottimo pianista (e musicoterapeuta), Mario Lo Cascio, che ha suonato musiche sue. In generale l’esperienza è stata gradevole, ma in diversi punti il pezzo suonato ti portava “fuori strada” e io mi sentivo come perso fra disarmonie e sperimentazioni che ci mettevano un po’ troppo prima di riportarmi a casa.
Sì perchè alla fine qual’è l’esperienza comune, che in ogni opera d’arte, inclusa la musica, deve essere rivissuta perchè l’opera sia apprezzata? Secondo me abbiamo tutti un bisogno di casa che rapresenta la nostra storia: creati ad immagine e somiglianza di Dio, per un istante abbiamo goduto della Bellezza Suprema, per poi essere catapultati sulla terra. Non ricordiamo coscientemente la primordiale esperienza ma l’anima, nel suo intimo, sente una profonda nostalgia di infinito, e il nostro percorso su questa terra è una continua ricerca di quell’Infinito che ci manca, in attesa di una ricongiunzione finale.
Forse per questo le favole, i miti, le leggende, i film, e anche la musica, raccontano tutti questa stessa storia? Una situazione iniziale, di benessere (creazione iniziale), rovinata da qualche imprevisto esterno, un incidente, un pericolo (passaggio sulla terra), per poi riconcludersi e risistemarsi alla fine?Anche la musica? Certo, anche la musica: si parte da una armonia, un giro di accordi che ad un certo punto “esce”, magari creando qualche dissonanza o disarmonia, per poi alla fine risolversi e ritornare sulla strada prevista.
E quando lo stato di disagio, di uscita dal seminato dura troppo a lungo, quando sembra che non esista una coerenza logica nei passaggi, quando non si riconosce più lo schema per un numero troppo lungo di battute, subentra un’ansia che, se non opportunamente appianata, rischia di “farci perdere per strada” l’uditorio. Infatti molte volte sono proprio i pezzi più banali, anche detti “orecchiabili”, ad avere il maggior successo (anche se effimemo: il tempo di due mesi d’estate e passano nel dimenticatoio): chi li ascolta riconosce immediatamente lo schema e “sa come andrà a finire”, lo riconosce, ci si trova a suo agio (ma se troppo, magari annoia).
Il punto principale però è un altro: ci piace ciò in cui ci riconosciamo e in cui troviamo delle conferme: e la nostra esperienza ancestrale, atavica, magari a volte un po’ sommersa è quella di una profonda nostalgia e di un profondo bisogno di ritorno a casa.
Lascia un commento