Primo: liberarsi dalla schiavitù della televisione
Chi ben comincia è a metà dell’opera: per questo ho messo questo semplice e apparentemente impossibile passo al primo posto fra quelli da fare per iniziare un percorso di liberazione.
Semplice perché si tratta di qualcosa di estremamente veloce: va tolta fisicamente e messa in un baule, in garage (meglio ancora sarebbe buttarla come abbiamo fatto noi, ma magari all’inizio può bastare confinarla in uno scantinato). Non va bene spegnerla e basta; non va bene metterla in una stanza dove si va poco spesso; non va bene mettere dei timer per limitarne l’uso; sono tutti palliativi tanto inutili quanto dannosi, che danno l’impressione di aver fatto qualcosa ma di fatto sono una non-decisione.
Impossibile (apparentemente) perché si tratta di una decisione che di solito coinvolge altri elementi della famiglia: e su poche cose è difficile essere d’accordo come su questa: magari il marito la guarda per lo sport, al quale non può assolutamente rinunciare; o la moglie per altri programmi, magari mentre stira, per avere un po’ di compagnia.
Quindi questo è il passo più difficile, ma secondo me essenziale e oserei dire quasi prerequisito: senza questo, non serve a niente tutto il resto. Per aiutarvi in questa decisione “epocale” (analizzando le statistiche credo sia veramente un’impresa che riesce a pochissimi) l’unica cosa che posso fare è raccontarvi la nostra esperienza familiare.
Con figli dai 15 a 10 anni, nonostante ripetuti tentativi di limitarne l’uso, era sempre più difficile controllare l’accesso e misurare le ore di fruizione; nonostante avessimo un solo apparecchio, e l’avessimo confinato in taverna (mai avremmo permesso alla TV di diventare l’altare della casa, né in salotto né –tantomeno- in cucina o in camera da letto, a riempire la nostra giornata di scemenze, volgarità e falsità), cominciammo a renderci conto che era necessario un taglio secco. A onor del vero, giusto per non appropriarci tutto il merito, Dio ci venne incontro con un guasto: lo schermo non si accendeva più. Fu così molto facile per noi decidere di non ripararla ed eliminarla definitivamente. I figli (allora adolescenti) si sentirono immediatamente “diversi” (ahimè, in peggio): in una fase della vita in cui si cerca un ruolo nel mondo, e il senso di appartenenza è soddisfatto dall’omologazione, essere così “tagliati fuori” rischiava di diventare un elemento di discriminazione troppo grande da sopportare. Per conto nostro, invece, osservavamo un effetto immediato (che credo potrà osservare chiunque faccia questo passo): la casa diventa subito più grande e le giornate più lunghe. In qualche modo eliminare questo elettrodomestico ebbe quindi l’effetto immediato di regalarci due delle cose più preziose (che ci mancano maggiormente): spazio e tempo.
In realtà, come in ogni programma di disintossicazione, gli effetti migliori si vedono col tempo, e stimo in “qualche” anno il periodo minimo per poter apprezzare il massimo dei benefici. Ci si libera di una visione artefatta del mondo, si riacquista capacità di critica, si ridà peso e valore alle cose secondo una logica che non ha nulla a che vedere con quanto imposto dai programmatori televisivi. I nostri figli ogni tanto hanno avuto qualche uscita, riguardo ai programmi che vedono occasionalmente a casa di amici, che ci hanno confermato nella validità della nostra scelta. Attenzione: abbiamo un proiettore e uno schermo di 2 metri per vedere i film; abbiamo internet su diversi PC in casa, non siamo tagliati fuori: ma è il meccanismo intrinseco di fruizione della TV che la rende così dannosa per il nostro cervello. Tipicamente, infatti, mentre la fruizione del web richiede una attività cosciente e partecipativa, per il programma televisivo l’atteggiamento è quello del divano: totale rilassamento, nessuna necessità di partecipazione attiva, ed è quella la situazione in cui il cervello assorbe di più, soprattutto a livello subcosciente.
Se non siete convinti della pericolosità della TV e se pensate che io stia esagerando, fatevi questa domanda: perché le aziende investono tanto in pubblicità in TV e –al confronto- praticamente niente sul web? Nessuna azienda butterebbe via tanti soldi se non avesse scientificamente e razionalmente stimato il ritorno dell’investimento che- credetemi – c’è eccome!
Riporto quanto scritto all’inizio del capitolo sulla falsa informazione da Ingannati:
Quando amici o conoscenti vengono a sapere che in casa siamo senza televisore, solitamente all’espressione stupita segue una domanda: “Ma come fate senza i TG?” come dire: va bene che avete rinunciato a tutti i programmi spazzatura, i varietà, ecc.; ma come fate a rinunciare all’informazione che viene fornita dai telegiornali? E la nostra risposta è sempre la stessa: “Proprio per non vedere i TG abbiamo tolto quella scatola ingombrante dalla nostra casa!”. Esagerazione? Non credo proprio, anzi: la patente di ufficialità che ha un telegiornale rende ancora più grave e colpevole l’azione di distrazione e di depistaggio che effettua nei confronti degli ascoltatori.
Esempi? Quanti ne volete. Nel 2007 e nel 2008 il comico Beppe Grillo promosse due giornate di raccolta firme: una affluenza epocale; per il secondo Vday, quello che chiedeva Libera informazione in libero Stato, ci furono un milione e mezzo di firme per l’abolizione della legge Gasparri, dell’ordine dei giornalisti e del finanziamento pubblico ai giornali. La sera di entrambe le giornate i telegiornali dedicarono meno di mezzo minuto all’evento, neanche si fosse trattato della sagra dell’ultimo paesino di montagna. Mentre nella stessa edizione del TG quasi tre minuti furono dati per la notizia di un orso che si era perso.
Quando il ministro Scajola rassegnò le dimissioni per lo scandalo del suo appartamento (gli era stato pagato “a sua insaputa” dall’imprenditore Anemone), per tutta una settimana il TG1 (direttore Minzolini) riuscì a non dare la notizia. In compenso diede notizie interessantissime e assolutamente inedite, come ad esempio “è scoppiato il caldo”, “la gente assedia le gelaterie”, “ci sono gelaterie che offrono molti gusti diversi”, e amenità di questo genere.
Ormai siamo abituati, e ci sembra normale che i telegiornali, inclusi quelli della Rai, dedichino ampio spazio all’ultimo flirt dell’attore del momento: ci raccontano tutto, per filo e per segno, di quello che fa la soubrette alla moda o dell’ultimo litigio fra Clooney e la Canalis, per non parlare degli interessantissimi servizi sulle vacanze degli italiani. Cosa si fa quest’anno sulla spiaggia adriatica? E come si divertono in Sardegna, in Costa Smeralda? E questa viene definita informazione…
È evidente che tutto l’insieme delle bugie, delle falsità, degli inganni cui siamo sottoposti quotidianamente non potrebbe sussistere senza una strettissima collaborazione – o meglio complicità – da parte dei mezzi di informazione di massa, in primis TV e giornali. A questo proposito è chiaro che non è tanto importante affermare il falso (cosa che avviene, ogni tanto), quanto il nascondere la verità sotto un mare di elementi che hanno il solo scopo di distrarre l’attenzione: vere e proprie armi di distrAzione di massa, come vengono definite da Robin Williams, candidato presidenziale nel film “L’uomo dell’anno”. Questo è più o meno evidente a seconda della sensibilità e dell’allenamento di ognuno, ma in certe situazioni è risultato assolutamente lampante quanto i mass-media fossero strumentali a nascondere la verità o a sviare l’attenzione del pubblico in momenti particolari (condanne di politici eccellenti, guerre, attentati, scandali, ecc.).
Nella nota “Come ci educano”, citata nell’introduzione, ho già accennato a come l’informazione, analogamente ad un abile prestigiatore, distoglie l’attenzione da quello che conta veramente, per evitare che la gente cominci a capire come gira il mondo.
Peggio ancora quando invece vengono lanciate campagne mediatiche tese ad influenzare l’opinione pubblica su un dato argomento o a distruggere un avversario politico. Come non ricordare la demonizzazione dell’Ariosto nel processo contro Previti: per un osservatore superficiale tutto il castello accusatorio si basava sulla testimonianza di una pazza, quando in realtà, oltre ad essere una persona normalissima, nelle carte processuali la sua testimonianza era confinata a poche pagine su diverse migliaia. Oppure quando il Giornale, diretto da Vittorio Feltri, inscenò una pesantissima campagna di stampa (basata su lettere anonime, quindi immaginate con quale credibilità) contro il direttore di Avvenire, Boffo, che alla fine si dovette dimettere dall’incarico. La colpa di Boffo? Aver osato, velatamente, criticare un atteggiamento troppo libertino del presidente del consiglio (fra l’altro pesantemente comprovato da fatti, testimonianze e dalla stessa ex-moglie, Veronica Lario). Analoga sorte (denigrazione mediatica basata sul nulla o quasi) toccò a Di Pietro, Fini, e altri che osarono mettersi contro chi il potere dell’informazione lo detiene davvero (alla faccia dell’indipendenza della stampa e della televisione).
Non serve che la dittatura sia esplicita: controllando i mezzi di informazione si fa quello che si vuole, anche per la naturale pigrizia di chi legge: non entra nel merito, “pesa” solo il numero di pagine dedicate ad un dato argomento e ricorda sostanzialmente i titoli. Un esempio. Immaginate di essere il direttore di un giornale nazionale, e vi si presentano due notizie da pubblicare. La prima: la vedova di un boss mafioso consegna ai PM un documento che comprova il versamento di denaro ad un altro boss mafioso da parte dell’attuale primo ministro in carica. La seconda: un appartamento, di proprietà di un partito politico, è stato affittato ad un parente del segretario di quel partito. A quale delle due darete il maggior peso? Sembra evidente quale sia quella che merita maggiore attenzione, no? Invece (Corriere della Sera dell’11 Agosto 2010) dedicava alla seconda notizia le pagine 1, 8, 9, 10 e 11; alla prima un trafiletto a pag. 25, oltretutto con un titolo fuorviante (“Mafia, Ciancimino jr tira in ballo il premier”, come se si trattasse della sparata di un mitomane, togliendo tutto il peso alla prova circostanziale del documento). Capito come dare un’informazione scorretta senza formalmente dire bugie?
Bene. Se avete deciso di eliminare la TV, in questo vostro percorso di liberazione, avete fatto un ottimo passo. Siete adesso pronti a passare al passo successivo.
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