Ho già fatto notare in un’altra nota (“Prezzo e dis-prezzo“) come il denaro abbia assunto così tanto valore nella nostra civiltà che, contrariamente alla logica, molte volte non è il valore intrinseco delle cose che ne determina il prezzo, ma è il prezzo stesso a condizionare il nostro giudizio e a farci attribuire un valore. Ma perchè siamo giunti a questo? Perchè abbiamo bisogno di un numero che ci faccia da metro, da parametro per ogni cosa? Si parla di uno sportivo: e ti devono dire quanto guadagna. Una modella: quanto prende per ogni sfilata. Sei stato in vacanza? Ma quanto hai speso? Che lavoro fai? Ma quanto guadagni? Sembra che il denaro sia diventato ormai l’unico nostro parametro di riferimento, l’unica lente o l’unico filtro attraverso il quale guardare il mondo.
La radice prima di questo è che non siamo in grado di fidarci. Pensiamo che il prossimo sia sempre in agguato per fregarci; che se non stiamo attenti qualcuno “ce lo metterà in quel posto“; dobbiamo mettere da parte per il nostro futuro, non si sa mai; e se un giorno avessi bisogno, come farei? Abbiamo perso la capacità di donare gratuitamente noi stessi e il nostro tempo. Magari per certe piccole cose lo facciamo ancora: se il figlio del vicino va male in matematica, magari un paio di lezioni gliele dai, e mica chiedi soldi per questo; se il tuo amico del cuore trasloca, magari una giornata gliela dedichi per dargli una mano; ma poi basta, presi come siamo nel vortice del nostro lavoro totalizzante, che a malapena ci lascia il fine settimana per le pulizie e la spesa. E allora ci sentiamo più sicuri coi numeri: possiamo contare, accumulare, mettere da parte, costruire una illusoria certezza che riempia l’immenso vuoto che abbiamo dentro.
Pensate invece a come sarebbe bello non avere nessun pensiero per il futuro, vivere abbandonati e disponibili, certi che tutto il bene fatto, in un modo o nell’altro, torna sempre, magari per strade diverse e inaspettate. Vivere senza paura non soltanto allontanerebbe tutte le malattie, ma toglierebbe un’arma potentissima a chi, sulle nostre paure, ha costruito il proprio business plan.
Gli amici dello SCEC (o Sereno, in Veneto), così come quelli del Bitcoin (per non parlare di Auriti e del suo Scimec prima) hanno avuto una grande idea per smussare le armi a chi, stampando denaro, si è impossessato del mondo e delle nostre vite; ma anche queste forme alternative non chiedono di fare il grande salto, semplicemente relazionano la nostra attività ad un altro tipo di contabilità, certo più democratica, più distribuita ed equa, siamo d’accordo: ma il vero salto si potrà fare con il vero, totale e fiducioso abbandono nel Signore. Per questo madre teresa diceva: “il mio banchiere è Dio“: perchè si fidava, e quando riceveva, dava, e quando non aveva, non dava, senza nessun tipo di pianificazione o accantonamento.
Quando facciamo qualcosa gratis, non facciamolo perchè è una buona azione: (diversamente da come credono gli amici islamici, Dio non metterà su una bilancia tutte le azioni buone e quelle cattive, per vedere di cosa saremo meritori, per Lui valgono anche le conversioni dell’ultima ora) facciamo qualcosa di gratis ogni giorno perchè così, imparando la fiducia e l’abbandono, un po’ alla volta costruiamo il regno di Dio sulla terra. Non serve fare come san Francesco, da un giorno all’altro abbandonare tutto: basta cominciare col poco. Cominciamo ad esempio con un sorriso gratuito: chi non è capace di darlo?
Un po’ alla volta, con pazienza, fino a dare tutta la vita, ci riusciremo anche noi.
Ancora nessun commento